lunedì 5 ottobre 2009

Abbiamo vinto! Il ponte di Castellamonte non sarà dedicato ad Almirante!



ABBIAMO VINTO!
Grazie a tutti i compagni e le compagne dell'ANPI accorse a Castellamonte (circa 1.000 persone) per aver contribuito a non cedere ai rigurgiti di fascismo presenti ormai anche nelle istituzioni.
ANPI Grugliasco



(ANSA) - TORINO, 4 OTT - Ponte intitolato ad Almirante, Castellamonte ritira delibera, lo ha annunciato il sindaco Mascheroni, dopo la protesta di ieri
Dietrofront sull'intitolazione di un ponte di Castellamonte, nel Canavese, a Giorgio Almirante, il fondatore dell'Msi morto nel 1988. Dopo la protesta di ieri, Paolo Mascheroni, sindaco a capo di una giunta di centrodestra, ha deciso di ritirare la delibera comunale. Il ponte continuera' a essere chiamato semplicemente San Pietro. ''Una vittoria antifascista'', ha commentato il segretario regionale del PdCI, Vincenzo Chieppa. (ANSA).


Articolo di Rete Canavese del 4/10/09

E' arrivata in tarda mattinata la risposta del sindaco di Castellamonte, Paolo Mascheroni, alla manifestazione di ieri (che potete vedere nel nostro archivio) del Comitato 'Aldo dice 26x1' contro l'intitolazione del ponte su Rio San Pietro a Giorgio Almirante. Eccola:
Sono stato eletto sindaco con un enorme consenso per amministrare e migliorare Castellamonte. Il compito di un sindaco è quello di impegnarsi per lo sviluppo della propria città, delle attività che in essa risiedono, e sostenere le fasce deboli aiutando, per quanto possibile, chi è in difficoltà. Dovere di un sindaco è tenere unita la cittadinanza e farla vivere in un clima quanto più possibile sereno e sicuro. Tempo fa io e la mia Giunta prendemmo la decisione di dedicare il ponte sul rio San Pietro a Giorgio Almirante. Oggi, vista la reazione della cittadinanza e, soprattutto, di coloro che hanno vissuto i bui anni della guerra, ritengo che sia opportuno rivedere tale intenzione. Sono convinto che sia dovere di chi amministra ascoltare il parere dei cittadini e, laddove questo non coincida con quello dell’amministrazione, sono certo sia meglio comprendere e accogliere le decisioni della popolazione anziché perseguire progetti non condivisi alimentando astio, polemiche e divergenze. Onde evitare ulteriori profonde lacerazioni e poter continuare a svolgere una serena attività amministrativa con la collaborazione della mia città (il sindaco è il sindaco di tutti), ritengo che il ponte in questione debba continuare a chiamarsi ponte San Pietro”.
Paolo Mascheroni, Sindaco di Castellamonte


Articolo del quotidiano La Stampa del 5/10/09

La rivincita di San Pietro. Stop al ponte Almirante
Il sindaco: troppi veleni ideologici, resta il vecchio nome
Andrea Rossi
Castellamonte

Il vecchio Gino se lo ricorda ancora, quel giorno. «Era il 1961, credo. Arrivò in pullman. Noi eravamo lì ad aspettarlo. Eravamo tanti e disposti a tutto. Non doveva parlare. E così fu. Se ne andò com’era venuto, senza dire una parola». A Castellamonte la memoria lacera ancora. Giorgio Almirante è un uomo che non c’è più ma ha segnato il tempo e i ricordi.
Non l’hanno voluto quando era vivo, non l’hanno voluto ora che è morto da più di vent’anni. Il nuovo ponte è già carta straccia. Si farà ma non sarà intitolato all’ex leader del Movimento sociale, come deciso tempo fa dal sindaco Paolo Mascheroni. Si chiamerà ponte San Pietro, com’è sempre stato, e adesso don Angelo Bianchi - che in tutti questi mesi è rimasto in silenzio a sbollire un po’ di irritazione - dice che «ha vinto la ragione». Si voleva rimuovere un santo per fare spazio a un politico: «Era inopportuno», sostiene il parroco. «Per di più era una scelta fatta per dividere».
Castellamonte si è divisa. E ha deciso: più che difendere l’apostolo ha scacciato lo storico segretario missino. Sabato pomeriggio, mentre vecchi partigiani e giovani anarchici, partiti della sinistra e gente comune sfilavano in paese, il sindaco si è barricato nel suo ufficio. Forse ha ascoltato gli insulti degli anarchici, il «dieci, cento mille Nassiriya». Forse ha letto lo striscione: «Mascheroni, a piazzale Loreto per te c’è ancora posto». Forse ha avuto paura. Forse, semplicemente, ha ascoltato la voce del suo paese, non compatta, ma di certo schierata in massa da una parte. Ha ascoltato i vecchi come Gino, che ora si sente sollevato. «Ho 85 anni, ho visto la guerra e la dittatura. Castellamonte è medaglia d’argento, dodici partigiani morti. E questi volevano farmi calpestare un ponte intitolato ad Almirante? Mai».
No, non ci sarà nessun ponte. I partiti della sinistra esultano. Nora Rizzi, dirigente dei Comunisti italiani in Canavese e membro del comitato antifascista «Aldo dice 26x1», racconta che «la manifestazione di sabato ha convinto il sindaco, e questo per noi è un successo. Tutti annunciavano disordini; non è successo niente». Già, ma c’è quello striscione violento - il sindaco e piazzale Loreto - e nessuno ha detto nulla, nessuno l’ha fatto rimuovere, il corteo l’ha accolto come se niente fosse. Il Collettivo comunista piemontese lo rivendica. Nora Rizzi dice di non averlo visto. «Purtroppo ci sono gruppi che agiscono così. Comunque non credo che sia stato quello striscione a far cambiare idea al sindaco. Mi sembrerebbe una motivazione puerile». Don Angelo Bianchi però censura: «Tutti possono esprimere le proprie opinioni, purché in modo civile. E quello di sabato non lo è stato».
«Non voglio un paese diviso», spiega il sindaco tornando sui suoi passi e stralciando Almirante. Non una parola sullo striscione, nessuna voglia di commentare, tanto meno vestire i panni della vittima. Paolo Mascheroni è un uomo pacato, rifugge le schermaglie. Il suo paese no. È diviso. Lacerato dalla memoria e dagli uomini. Il passato frantuma. Il vecchio Gino ricorda il 1961 gli insulti e i fischi, Almirante che fa marcia indietro e rinuncia al comizio. Gli esponenti del Comitato antifascista rincarano la dose: «Come capo di Gabinetto del ministero della Cultura popolare firmò il manifesto che prevedeva la fucilazione alla schiena degli “sbandati ed appartenenti a bande rosse” cioè dei partigiani». Carlo Romito, ex coordinatore di An in Canavese, ribalta: «Il comizio ci fu, eccome. E, dopo, Almirante pranzò in paese. Altro che sbarramento, al massimo qualche fischio». E ancora: «Portino un documento, vero, autentico, che testimoni le loro accuse. Almirante era di quelli a cui stringevi la mano certo di non sporcartela. Spero che in futuro il sindaco non si faccia condizionare da questi sparuti gruppuscoli che manifestano urlando e bestemmiando insulti».
Non c’è dialogo. Semmai una stanca rassegnazione mista al cinismo di chi guarda al presente. «Lo chiamino come vogliono, a me basta che finiscano in fretta i lavori», dice Marisa Bertolino dal suo bar nella piazza del municipio. «Qui siamo tagliati fuori, isolati. Qualunque nome va bene, purché facciano in fretta». Ma a quelli come il vecchio Gino qualunque nome non va bene. La storia non si cancella, dicono, né si riscrive. «Lo vede quel portone? I fascisti l’aspettarono sotto casa e lo ammazzarono come un cane. Aveva vent’anni. La mia età. Erano delinquenti. E solo uno sciagurato poteva pensare di intitolare un ponte a uno di loro proprio qui, a Castellamonte».

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