martedì 25 settembre 2012

Fuori i fascisti dalle nostre città: NO ai cortei di Forza Nuova





COMUNICATO ANTIFASCISTA
LAST – Laboratorio Studentesco Torino

Apprendiamo che il 29 settembre 2012 Forza Nuova, movimento della destra neofascista, ha indetto una data di mobilitazione nazionale, il cui slogan è “Italia – futuro – rivoluzione”, con cortei in alcune città italiane, tra cui Cuneo, Medaglia d’Oro per la Resistenza.

Come in Grecia, anche in Italia le organizzazioni fasciste approfittano della crisi economica per nascondere, dietro a proclami demagogici, il loro vero volto, antidemocratico e reazionario. È necessaria quindi una risposta di tutti gli antifascisti, poiché non sui può permettere che nelle città sfilino parate di squadristi, che sempre più di frequente si rendono colpevoli di aggressioni a danno di studenti e militanti, e di azioni contro centri sociali e altri spazi di aggregazione nelle scuole e nei quartieri.

I fascisti non possono scendere in piazza, ora come nel 1948, quando entrò in vigore la Costituzione, che vieta loro di ricostituirsi come forza politica. Non possono e non lo consentiremo, perché non accettiamo che le proteste di studenti e operai siano strumentalizzate da chi conserva l’eredità storica di un partito che, per salire al potere, represse ogni sollevazione nel sangue, fu uno strumento nelle mani della reazione e delle forze conservatrici per instaurare un regime autoritario e antidemocratico, propugnò i valori di Dio, patria e famiglia per mantenere l’ordine e assicurare agli Italiani conniventi pace e tranquillità, mentre ogni dissidente veniva ridotto al silenzio con l’omicidio o con il carcere.

I fascisti non possono scendere in piazza, perché la loro ideologia è tale quale quella del Ventennio: abolire ogni conflitto sociale tra lavoratori e capitalisti togliendo ogni diritto ai primi, per asservirli a un’”economia disciplinata” controllata da una parte dal Capitale e dall’altra dal randello dello Stato fascista; controllare il popolo e spazzare via ogni residuo di democrazia con una polizia violenta e senza alcun limite, esattamente come fanno oggi i governi che vogliono abbattere; indottrinare ogni strato della popolazione con valori clericali e conservatori di ordine e obbedienza.

I fascisti non possono scendere in piazza, perché sono razzisti, xenofobi e omofobi: i loro proclami contro gli stranieri e gli omosessuali sono la voce dell’ignoranza di chi, da sempre, è stato istruito a scagliarsi contro una parte della popolazione, le cui istanze sono dipinte come una minaccia e un attentato ai valori della società, mentre in realtà sono avanguardia della battaglia per i diritti di tutti. I neofascisti non si dichiarano mai apertamente razzisti, ma nei metodi e nel merito non si distanziano mai dalla propaganda nazista, con l’unica differenza che agli ebrei, agli zingari e ai comunisti si sostituisce l’immigrato.

I fascisti non possono scendere in piazza, perché la libertà di opinione che invocano per manifestare il loro pensiero è sancita dalla Costituzione antifascista, scritta da partigiani che avevano appena riposto le armi per garantire, con quel testo, che mai più il nostro paese sarebbe stato minacciato da un’ideologia malata, serva di interessi di classe e non votata all’uguaglianza e alla democrazia.

La nostra libertà è non avere uno Stato fascista, il nostro dovere è combatterlo: questo è l’insegnamento di chi, quando fu necessario, resistette all’occupazione tedesca e liberò le città oppresse dal nazifascismo. Ed è a questa presa di coscienza che siamo chiamati ogni volta che assistiamo ad azioni di sfida di questi gruppi di squadristi, che aggrediscono, distruggono, minacciano e al contempo fanno propaganda. Non si può permettere che le vie di Cuneo, città antifascista e baluardo della Resistenza, siano violate da una parata di svastiche e dalle croci celtiche; non è possibile che lo stesso luogo in cui nacque Duccio Galimberti, eroe nazionale per il CLN piemontese e comandante delle brigate partigiane di Giustizia e Libertà, dia spazio a una manifestazione del genere.

Questo è dunque un appello a tutti gli antifascisti piemontesi affinché si respinga la sfilata di Forza Nuova, come qualunque azione o iniziativa di gruppi di ispirazione fascista, e si combatta la connivenza delle istituzioni, che consentono che queste provocazioni abbiano luogo.

Cuneo e il Piemonte ricordano le parole di Galimberti: “La guerra continua fino alla cacciata dell’ultimo tedesco, fino alla scomparsa delle ultime vestigia del regime fascista!”.

Ora e sempre Resistenza!
Torino, 25 Settembre 2012

lunedì 24 settembre 2012

ANPI Nazionale: SI al referendum sul lavoro


L’ANPI Nazionale: SI al referendum sull'art. 18

“Il Paese oggi più che mai ha bisogno di tutele e garanzie fondamentali per chi lavora. Gli strumenti per ottenere ciò sono molteplici e tutti legittimi, sicché è condivisibile l’obiettivo perseguito dai promotori del referendum”
 
E’ stata presentata una proposta di referendum sostanzialmente per il ripristino del testo originario dell’art. 18 dello Statuto e per l’abrogazione dell’art. 8 della legge 13.8.2011 n. 138, soprattutto nella parte in cui si consentono deroghe al contratto collettivo nazionale in virtù di accordi contrattuali di minor livello.
 
L’ANPI non ha bisogno di ricordare che su questi temi si è pronunciata ripetutamente, contro le iniziative legislative di cui oggi si chiede l’abrogazione, ribadendo la propria convinzione che ragioni fondamentali di principio dovrebbero impedire di modificare norme che appartengono da tempo alla struttura ed ai fondamenti del diritto del lavoro, corrispondenti a precisi diritti dei lavoratori, che li hanno conquistati a prezzo di lunghe e dure lotte.
 
Siamo dunque convinti che esiste davvero la necessità di tornare alle formulazioni ed ai princìpi originari, tanto più preziosi ora in quanto attraversiamo un momento difficile della vita del nostro Paese; ed è in occasioni e in periodi come questi che vi è più che mai bisogno di tutele e garanzie fondamentali per chi lavora.
 
Gli strumenti per arrivare a risultati positivi sono molteplici e tutti legittimi, sicché è condivisibile l’obiettivo perseguito dai promotori del referendum, per quanto riguarda i due quesiti sopraindicati, così come resta forte la speranza che il governo che uscirà dalle imminenti elezioni possa e sappia intervenire ripristinando quanto è stato tolto ai lavoratori, ai cittadini, al diritto del lavoro.
 
Ovviamente, l’ANPI non vuole e non può entrare nella diatriba – tutta politica – sull’opportunità e sull'idoneità, in questa delicata materia, di un referendum, che peraltro dovrebbe tenersi, se ammesso, soltanto nel 2014.
 
Gli iscritti e le organizzazioni periferiche – in piena libertà – assumeranno ogni opportuna decisione al riguardo, considerando quanto scritto nel documento approvato dal Congresso nazionale del 2011, nel quale si ribadisce l’impegno a “respingere ogni tentativo di sovvertire princìpi e regole che sono previsti a garanzia della libertà e dei diritti dei cittadini” e dove ancora si afferma che “per garantire una forte stabilità sociale ed economica al Paese occorre attuare pienamente i princìpi costituzionali in materia di lavoro, cambiando la legislazione vigente che ha ridotto diritti e garanzie per i lavoratori”.
 
LA SEGRETERIA NAZIONALE ANPI
Roma, 24 settembre 2012

lunedì 17 settembre 2012

Antifascisti in piazza ad Affile (Roma) il 23 Settembre



Gli antifascisti in piazza contro il sacrario a Graziani
Fonte: Contropiano
"Affile: gli antifascisti riuniti in un comitato domenica andranno a contestare il monumento al generale fascista, voluto dalla giunta di destra – Il contestato sacrario di Affile al maresciallo (diventato poi generale) Graziani ha ottenuto un primo risultato: la creazione di un Comitato antifascista affiliàno che domenica 23 settembre chiamerà a raccolta tutti coloro che non vedono di buon occhio quel riconoscimento al repubblichino accusato di crimini contro l’umanità durante la guerra in Etiopia e fortemente voluto dalla attuale giunta di destra del sindaco Ercole Viri. Non solo. Anpi, Rete per la Resistenza della Valle dell’Aniene e della Valle del Sacco, oltre al Comitato stesso, daranno vita domenica prossima ad una manifestazione di protesta, a partire dalle 9, con la distribuzione di materiale informativo sulle attività belliche di Rodolfo Graziani sugli stand sparsi nelle piazze della cittadina di Affile. Alle 17 inizieranno gli interventi in piazza, tra gli altri, di un rappresentante della comunità etiope, dell’Anpi e subito dopo ci sarà la proiezione di un documentario sulle “stragi compiute da Graziani nel Corno d’Africa” (con il gas iprite, già allora bandito dalle convenzioni internazionali, ndr). Chiuderà la serata un concerto musicale. “Chiederemo al sindaco la riqualificazione di quel manufatto intitolandolo alle vittime degli eccidi nazisti compiuti nella Valle dell’Aniene durante la seconda guerra mondiale”, ha fatto sapere Elena Duvalli, dell’associazione Martiri delle Pratarelle di Vicovaro. Nessun corteo, nessuna “visita” al sacrario (“non ce la farei ad andare a vedere quella bruttura”, sottolinea Duvalli). Da parte del sindaco Viri, finora, nessuna dichiarazione, limitandosi ad autorizzare la manifestazione.

Un’iniziativa, quella di domenica prossima, promossa dagli stessi giovani antifascisti di Affile. Proprio alcuni di loro, lo scorso 12 settembre, coprirono di scritte i muri del memoriale con le parole “assassino”. Tre di loro, tra cui uno di Subiaco, vennero denunciati. Il sacrario, costato 127mila euro e mille polemiche, sorge nel parco Radimonte ed è stato fortemente voluto dal sindaco “per i meriti militari di un nostro concittadino”. Un gesto che non è sfuggito alla stampa estera che ha raccontato, con una certa riprovazione, l’idea di realizzare un monumento ad un rappresentante, certamente non di secondo piano, della Repubblica di Salò, accusato di essere un “criminale di guerra”. Anche i comuni vicini al sacrario della discordia hanno fatto sentire la loro voce. Come quella di Vicovaro, Medaglia d’Argento al Merito Civile. “Considerato che la discutibile fama di Rodolfo Graziani si è formata praticando ‘il mestiere delle armi’ e l’utilizzo di gas – si legge in una mozione del capogruppo della Lista Civica Rinnovamento del comune di Vicovaro, Paolo Antonio Dominici – si chiede che venga ripristinato lo stato ‘ante operam’ in quanto contrastante non solo con i principi fondativi e costitutivi della Repubblica italiana ma anche e soprattutto con i sentimenti della popolazione di Vicovaro e dell’intera Valle dell’Aniene, teatro anch’essa di immani stragi compiute in nome di quelle ideologie tiranniche e liberticide che il generale Graziani incarnava”."

sabato 15 settembre 2012

Omar Al-Mukhtar, Comandante Partigiano



OMAR AL-MUKHTAR, IL LEONE DEL DESERTO
di Angelo Del Boca

Quando Omar al Mukhtar assume nel 1923, per delega di Mohamed Idris, capo della Senussia, la guida della resistenza anti-italiana in Cirenaica, ha già 63 anni e alle spalle una intera esistenza spesa ad insegnare il Corano nella moschea di Zawihat al Gsur, un villaggio agricolo tra Barce e Maraua.
Il generale Graziani, che finirà per batterlo, ricorrendo ad ogni mezzo, così lo descrive: «Di statura media, piuttosto tarchiato, con capelli, barba e baffi bianchi, Omar al Mukhtar era dotato di intelligenza pronta e vivace; era colto in materia religiosa, palesava carattere energico ed irruente, disinteressato ed intransigente; infine, era rimasto molto religioso e povero, sebbene fosse stato uno dei personaggi più rilevanti della Senussia».
Per essere stato delineato dall’avversario che lo porterà al patibolo, il ritratto è sorprendentemente fedele e positivo, concorda con il ritratto che altri hanno tracciato di lui. Ma c’è una dote di Omar che Graziani sottace ed è il suo genio militare, che forse eguaglia o supera quello del guerrigliero somalo Mohammed ben Abdalla Hassan, più noto come il Mad Mullah.
Omar al Mukhtar, infatti, non è soltanto uno splendido esempio di fede religiosa, di vita semplice ed integerrima. È anche il costruttore di quella perfetta organizzazione politico-militare che gli italiani riusciranno a frantumare soltanto alla fine di un decennio di lotte e utilizzando mezzi assolutamente straordinari.
Con appena 2-3 mila uomini, ma in certi periodi anche soltanto con mille, Omar riesce a tener testa a 20 mila uomini, dotati dei mezzi più moderni ed efficienti, riforniti con larghezza e protetti dall’aviazione. Quasi sempre all’offensiva - lo testimoniano i 53 combattimenti e i 210 scontri che si succedono nel decennio - Omar colpisce, poi si ritira e svanisce nel nulla, creando nell’avversario, che ricerca invano una battaglia risolutiva, rabbia e un senso di frustrazione.
Nella conduzione della spietata guerra per bande, Omar è favorito dalla natura impervia dei territori in cui opera e dal sostegno incondizionato delle popolazioni del Gebel Akhdar che lo riforniscono di uomini, armi, cibo e denaro. Si aggiunga che ad Omar giungono regolarmente e in abbondanza aiuti di ogni genere dal vicino e compiacente Egitto, dove hanno trovato rifugio e protezione l’emiro Mohamed Idris ed altri capi della resistenza all’Italia.
Quando, all’inizio del 1930, il regime fascista affida al generale Graziani, che già ha sottomesso la Tripolitania e il Fezzan, il compito di liquidare la resistenza in Cirenaica, il generale sa perfettamente che non riuscirà a sconfiggere Omar al Mukhtar adottando soltanto gli strumenti militari reperibili in colonia. Per vincere Omar è necessario fargli il vuoto intorno, prosciugare le sue casse, tagliare le sue linee di rifornimento con l’Egitto. D’intesa con il governatore generale della Libia, maresciallo Badoglio, e con il ministro delle colonie, Emilio De Bono, il generale Graziani organizza una serie di operazioni tese al soffocamento della ribellione.
Con la chiusura delle 49 zavie della confraternita religiosa senussita e la confisca dei suoi ingenti beni (centinaia di case e 70 mila ettari della miglior terra), Graziani toglie a Omar uno dei sostegni economici più rilevanti. Con la mossa successiva, quella di trasferire parte delle popolazioni del Gebel Akhdar verso la costa, Graziani confida di poter bloccare il continuo reclutamento di guerriglieri. Presto si accorge che quest’ultima operazione non fornisce i risultati sperati. Allora ricorre ad un estremo rimedio: quello di trasferire l’intera popolazione delle regioni montane e della Marmarica lontano dalla zona delle operazioni, per togliere alla ribellione ogni residuo sostegno.
Il trasferimento, che si compie con indicibili sofferenze fra il luglio e il dicembre del 1930, riguarda oltre 100 mila libici, che vengono confinati in tredici campi di concentramento nel sud bengasino e nella Sirtica, regioni notoriamente fra le meno ospitali, dove i reclusi saranno falcidiati dal tifo petecchiale, dalla dissenteria bacillare, dalla fame e dalla quotidiana razione di botte. A guerra finita, su 100 mila confinati, 40 mila non torneranno più alle loro case.

I conti con la storia
Per tagliare infine i rifornimenti dall’Egitto, Graziani fa costruire una barriera di filo spinato, larga alcuni metri e lunga 270 chilometri, dal porto di Bardia all’oasi di Giarabub. Nell’estate del 1931, mentre viene sigillata ermeticamente la frontiera con l’Egitto, Graziani è ormai convinto che Omar finirà per cadere nella trappola. E in effetti il capo della guerriglia si trova a mal partito. Gli sono rimasti soltanto 700 uomini, poche munizioni e pochissimi viveri.
Con i suoi audaci cavalieri riesce a mettere a segno ancora qualche colpo, ma l’11 settembre, avvistato dall’aviazione, viene circondato da forze soverchianti nella piana di Got-Illfù. Omar cerca ancora di portare in salvo il suo squadrone ordinandone il frazionamento. E infatti gran parte dei suoi uomini si salva. Ma lui viene colpito da una fucilata al braccio e subito gli uccidono il cavallo.
Per Omar al Mukhtar è finita. Tradotto a Bengasi con il cacciatorpediniere “Orsini”, il 15 settembre lo processano nel salone del Palazzo Littorio. Il processo è soltanto una tragica farsa destinata a rendere legale un assassinio. Mussolini ha già deciso per la pena capitale. Alla lettura della sentenza, che lo condanna all’impiccagione, Omar al Mukhtar non si scompone, dice: «Da Dio siamo venuti e a Dio dobbiamo tornare». L’indomani, carico di catene, il settantenne Omar sale sul patibolo.
Raggiunta l’indipendenza nel 1951, la Libia di re Idris e poi quella di Muammar al Gheddafi riconoscono il ruolo di primissimo piano di Omar e gli dedicano vie e piazze, monumenti e un mausoleo a Bengasi. Nel 1979 il presidente Gheddafi stanzia 50 miliardi per realizzare, con la regia di Moustapha Akkad, un film sulle imprese di Omar, che si intitola Il Leone del deserto. Interpretato da Anthony Quinn, che si cala nel personaggio con estrema bravura, il lungometraggio a colori viene proiettato nel 1982 in tutto il mondo. Salvo che in Italia, dove ancora oggi non è entrato nella normale distribuzione, perch‚ «lesivo dell’onore dell’esercito italiano».
Il lungo e incredibile ostracismo contro il film di Akkad si inserisce in una più vasta e subdola campagna di mistificazione e di disinformazione, che tende a conservare della nostra recente storia coloniale una visione romantica, mitica, radiosa. Cioè assolutamente falsa.

L’esecuzione
Sono le 9 del mattino del 16 settembre 1931. Intorno alla forca eretta nel piazzale del campo di concentramento di Soluch, in Cirenaica, sono assiepati oltre 20 mila libici, fatti affluire da Bengasi, da Benina e dai lager della Sirtica. Sono qui per imparare che la giustizia fascista è severa, spietata, inesorabile. Sono qui per assistere all’impiccagione di Omar al Mukhtar, un capo leggendario che, per dieci anni, ha dato del filo da torcere agli eserciti di quattro governatori italiani.
Quando il vecchio Omar, avvolto in un baracano bianco, viene fatto salire sul patibolo, il silenzio nel campo si fa totale. Ostacolato dalle catene e tormentato dalla ferita al braccio ricevuta nell’ultimo combattimento, il vicario della Senussia muove a stento i passi, tanto che debbono aiutarlo a salire i gradini del palco. Mentre gli sistemano il cappio intorno al collo, guarda per l’ultima volta la folla silenziosa, che trattiene a fatica il dolore e la rabbia. Poi, con un calcio allo sgabello, gli spezzano il collo.
Con Omar al Mukhtar finisce anche la ribellione libica, cominciata vent’anni prima. Ma non finisce la leggenda di Omar, che anzi cresce con gli anni, sino a diventare un insostituibile punto di riferimento per chi aspira all’indipendenza della Libia.

venerdì 7 settembre 2012

Statuto della Consulta Antifascista Comunale di Grugliasco




CONSULTA ANTIFASCISTA PERMANENTE
DELLA CITTÀ DI GRUGLIASCO
decorata con Medaglia d'Argento al Merito Civile

STATUTO


Art. 1 – FINALITÀ

1.      La Consulta s’impegna a supportare le Istituzioni e tutte le associazioni, con particolare riguardo all'Associazione Famiglie dei Martiri del 30 aprile 1945 ed all’A.N.P.I. - Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, che svolgono iniziative tese a valorizzare il patrimonio ideale, storico, culturale e politico della Guerra di Liberazione e i principi della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista, affinché le nuove generazioni possano arricchire la conoscenza storica e la coscienza civica attraverso l’elaborazione di progetti specifici.

2.      La Consulta organizza e promuove, anche con altri Enti ed associazioni, incontri, seminari e convegni, per coltivare gli ideali di libertà, democrazia, partecipazione, solidarietà e pace emersi con forza nella lotta di Liberazione dal nazi-fascismo e sanciti nella Costituzione della Repubblica Italiana, affinché tali valori universali vengano riconosciuti come le solide fondamenta sulle quali si costruiscano e migliorino costantemente la politica, la cittadinanza e la convivenza sociale.

3.      La Consulta si impegna a mantenere vivo il ricordo del sacrificio dei cittadini di Grugliasco, Collegno e altri comuni vittime dell'eccidio nazifascista del 29-30 aprile 1945, rafforzando i principi posti alla base del conferimento alla Città di Grugliasco con Decreto del 13/03/2006 della Medaglia d'argento al Merito Civile, in continuità con il lavoro svolto, a partire dal 2007, dal “Comitato della Città di Grugliasco per la Valorizzazione dell’onorificenza ottenuta e la promozione dei valori della Resistenza e della Costituzione Repubblicana”.


Art. 2 – COMPOSIZIONE

1.      La Consulta è composta:
  • dal Sindaco o da suo delegato, che ne assume la Presidenza;
  • da due rappresentanti dell’Associazione Famiglie dei Martiri del 30 aprile 1945;
  • da due rappresentanti dell’A.N.P.I. – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia - sezione “68 Martiri” di Grugliasco;
  • da due rappresentanti per ciascuna delle associazioni, comitati di quartiere, circoli culturali, istituzioni scolastiche ed universitarie, rappresentanze studentesche, organizzazioni sindacali e di categoria, gruppi informali di cittadini, presenti sul territorio di Grugliasco, che condividano i valori e le finalità di cui all’art. 1 e dichiarino per iscritto la propria volontà di aderire alla Consulta;
  • da due rappresentanti per ciascuna forza politica presente a Grugliasco.

2.      Ciascuna delle organizzazioni sopra elencate designa i propri rappresentanti dandone comunicazione per iscritto contestualmente alla propria adesione alla Consulta, ed ha facoltà di modificare la propria designazione.

3.      I rappresentanti decadono dalla carica per cause naturali, dimissioni o revoca della designazione da parte delle rispettive organizzazioni.

4.      L'Assemblea può disporre che un componente decada dalla carica qualora violi le disposizioni del presente atto o ponga in essere azioni contrarie alle finalità e ai valori di cui all'art. 1.

5.      La Consulta è comunque aperta a tutti i cittadini che, condividendo le finalità e i valori di cui all'art. 1 e intendano partecipare ai suoi lavori dichiarando per iscritto la propria volontà di aderire alla Consulta.


Art. 3 – MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITÀ

  1. La Consulta agisce nel rispetto dei principi di sussidiarietà nei confronti dell’attività dell’Amministrazione Comunale, di collaborazione e cooperazione con il territorio e le sue rappresentanze.

  1. Tutti i membri della Consulta, a qualunque titolo, svolgono la propria attività a carattere volontaristico.


Art. 4 – ORGANI

Sono organi della Consulta:
  • l’Assemblea;  
  • il Direttivo.


Art. 5 – ASSEMBLEA, COMPOSIZIONE E FUNZIONI

  1. Sono componenti dell’Assemblea i rappresentanti delle organizzazioni e i singoli cittadini di cui all'art. 2 o gli eventuali supplenti loro delegati.

  1. I componenti dell’Assemblea si impegnano a partecipare attivamente alle riunioni, collaborando con il Direttivo per il proficuo e positivo svolgimento dei lavori.

  1. L’Assemblea è convocata dal Direttivo, in via ordinaria, almeno due volte all’anno, con avviso pubblico scritto e tramite posta elettronica con almeno 5 giorni di anticipo.

  1. L’Assemblea può essere altresì convocata in via straordinaria, dal Direttivo, con i mezzi più idonei, ogni qual volta sia ritenuto necessario, con avviso ai componenti almeno 24 ore prima della seduta.

  1. L’Assemblea adotta le proprie decisioni senza votazioni formali. Modalità diverse potranno essere stabilite nel merito su indicazione del Direttivo.

  1. L'Assemblea:
·        contribuisce a determinare il programma delle attività predisposto dal Direttivo;
·        svolge attività di consulenza per le materie di competenza;
·        può istituire gruppi di studio, che si occupino di specifiche attività e/o tematiche, coordinati da uno o più componenti del Direttivo;
·        pone in essere tutte le attività e adotta tutti i provvedimenti, non di competenza del Direttivo, necessari per la proficua, efficace, efficiente attività della Consulta anche se non previsti nel presente atto.


Art.  6 – DIRETTIVO, COMPOSIZIONE E FUNZIONI

  1. Il Direttivo è composto:
·        dal Presidente della Consulta, ossia il Sindaco o un suo delegato;
·        dai due rappresentanti dell’Associazione Famiglie dei Martiri del 30 aprile 1945;
·        dai due rappresentanti dell’A.N.P.I. – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Sezione “68 Martiri” di Grugliasco;
·        da due rappresentanti eletti in seno alla Consulta, uno dei quali assume il ruolo di Segretario ed ha il compito di redigere i verbali delle sedute del Direttivo e dell'Assemblea.

  1. Il Direttivo:
·        rappresenta la Consulta, ne programma e ne dirige l’attività, ne cura il funzionamento;
·        cura il rapporto con l’Amministrazione Comunale;
·        cura la diffusione dell’informazione sulle attività della Consulta;
·        pone in essere tutti gli atti e le azioni necessarie per il conseguimento, da parte della Consulta, degli obiettivi stabiliti dal presente Statuto.


Art. 7 – SEDE

La Consulta ha sede in Grugliasco presso il Palazzo Comunale.


Art. 8 – VALIDITÀ

Il presente Statuto ha efficacia permanente fino ad eventuale sua revoca da adottare con provvedimento che abbia la stessa forma dell’atto costitutivo.