venerdì 11 dicembre 2009

Su Piazza Fontana - di Daniele Biacchessi



Daniele Biacchessi
Radio24-IlSole24ore

In questi giorni di scontro politico - istituzionale, di forti contrasti tra poteri dello Stato, mi sono chiesto qual'è il valore che un familiare delle vittime della strage di piazza Fontana può dare alla parola giustizia.
A quarant'anni dal 12 dicembre 1969, dal giorno in cui gli italiani persero l'innocenza, per l'eccidio alla Banca Nazionale dell'Agricoltura di Milano, c'è una verità storica ma non una verità processuale.
Il mancato accertamento giudiziario è stato condizionato da numerosi fattori.
Gravissimi depistaggi vennero organizzati dall' Ufficio Affari Riservati del ministero dell'Interno.
Altri, ancora più gravi, furono ordinati dai vertici del SID, il servizio segreto di allora.
Sparirono documenti, testimoni, indizi, prove.
I processi vennero scippati ai legittimi tribunali.
Investigatori vennero allontanati dalle inchieste.
Dunque.
Cosa potranno mai pensare i parenti delle vittime della parola giustizia, dopo che l'ultima sentenza di Cassazione del 2005 li ha condannati a pagare le spese processuali in forza dell'assoluzione degli imputati neofascisti delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni?

A quarant'anni della strage di Piazza Fontana, lo Stato potrebbe compiere l'ultimo atto di riscatto: togliere il segreto di stato ed aprire gli armadi della vergogna, quelli che ancora sono disseminati nel nostro paese.

Perchè un'ingiustizia così grande non debba mai più ripetersi.

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