Testimonianza
sui fatti di Porta Nuova del 25 febbraio
di Fabrizio Grandinetti
componente del Comitato di Sezione A.N.P.I. Grugliasco
Sono
arrivato a Porta Nuova da Susa con il treno delle 18.10, e arrivato
all’inizio del binario 19 ho subito notato con sorpresa un gruppo
di poliziotti con caschi, manganelli e scudi all’inizio del binario
20.
Ingenuamente
ho pensato che fossero lì “solo” per provocare.
Ho
preso la metro per tornarmene a casa, quando alle 19.52 stato
raggiunto dal messaggio di una mia amica, anche lei scesa con il mio
treno: “Stanno impedendo ai milanesi di salire sul treno per
Milano… hanno caricato”.
Ero
già sceso a Porta Susa, ma ho deciso di riprendere la metro per
tornare indietro.
Non
solo per solidarietà e protesta.
In
quel momento ho deciso di voler esserci, di voler vedere con i miei
occhi cosa stava succedendo, di sentire direttamente come testimone
oculare la rabbia nello stomaco, perché lì si stava consumando la
morte di ogni nostro diritto e libertà e come cittadino avevo il
dovere di fare qualcosa, anche solo come testimone.
Tornato
a Porta Nuova alle 20.03, ho notato all’altezza del binario 15
(credo) un’ambulanza e mi sono fatto aggiornare immediatamente
dalla mia amica, mentre con ribrezzo notavo l’impressionate
dispiegamento di polizia e carabinieri in assetto antisommossa.
Le
FFO dopo aver bloccato l’accesso al binario 20 dove sostava il
treno per Milano, sia con il blocco fisico che con cariche, hanno
permesso ai milanesi di accedere al binario.
In
parole povere li hanno chiusi in un budello: i due lati erano
bloccati dal muro della stazione e dal treno stesso, mentre alle due
teste c’erano carabinieri e poliziotti, che hanno nuovamente
caricato i manifestanti, questa volta chiusi in quella trappola.
A
quel punto, verso le 20.20, sull’unico tratto del binario 20
visibile dal binario adiacente, è arrivata la risposta alla violenza
delle FFO con un lancio di sassi da parte di qualche manifestante
incazzato nero per la repressione ingiustificata. Inutile descrivere
la risposta di polizia & Co.
A
quel punto i milanesi sono saliti sul treno, e quello che è successo
lì sopra chiaramente non ho potuto vederlo, anche perché al lancio
dei sassi mi sono debitamente distanziato dalla testa del binario
alla quale mi ero avvicinato per vedere meglio cosa accadeva al
binario 20.
Allontanandomi
mi sono accorto di un cittadino con un bendaggio alla testa, e della
maggior quantità di polizia e carabinieri.
Le
tensioni sono continuate, con nuovi gesti di violenza e arroganza da
parte delle FFO.
Ero
rimasto in disparte, accanto alla biglietteria e sempre davanti ai
binari 17-18, insieme a un gruppetto di persone.
Polizia
e carabinieri stavano occupando, senza alcuna ragione, tutta quella
parte della stazione, e un carabiniere ci si è avvicinato
minaccioso, spingendo una ragazza e blaterando qualcosa sugli ordini
ricevuti. Lei, arrabbiata, ha chiesto all’uomo in divisa come si
fosse permesso di metterle le mani addosso, e lui con arroganza le ha
risposta che se voleva poteva andare a lamentarsi in questura. A quel
punto, anche per distrarre l’attenzione dalla ragazza, ho estratto
con tranquillità la Costituzione italiana che ho sempre nello zaino,
e gliel’ho mostrata chiedendogli se sapesse cosa fosse. L’ha
guardata, ha letto, mi ha guardato, e mi ha risposto qualcosa tipo “E
quindi che cos’è?”. Gli ho detto con garbo che era la nostra
Costituzione, e che quella stava sopra a lui e ai suoi ordini. Non so
se abbia compreso, ma ha girato i tacchi ed è tornato tra i suoi
sodali.
A
quel punto, pur non conoscendoci tutti, abbiamo tacitamente deciso di
restare per essere testimoni di qualunque cosa fosse ancora successa.
Per
intimorirci, e solo per quello perché non avevamo fatto nulla e lo
sapevano perfettamente, abbiamo assistito increduli al nostro
accerchiamento.
Cioè
noi, 7 cittadini tranquilli e sereni, siamo stati fisicamente
accerchiati da una dozzina di carabinieri, che con manganelli e scudi
in mano, ci guardavano.
A
quel punto, con la Costituzione ancora in mano, non ci ho più visto,
e, rivolto alla gente raggruppata un po’ distante che guardava
verso noi, ho gridato la prima parte dell’Art.13, “La libertà
personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione,
di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra
restrizione della libertà personale, se non per atto motivato
dell'Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla
legge. “ e che se noi cittadini lasciamo morire quelle parole,
quella Costituzione, allora rimaniamo solo dei numeri.
Non
credo che le mie parole e il mio sfogo sia servito a qualcosa, anche
se di certo male non ha fatto a tanti sentire quelle parole, me
compreso che anzi mi sono fatto più forza. Sta di fatto che hanno
chiesto i documenti a tutti escluso il sottoscritto.
Non
so quanto ci abbiano tenuti lì, ma azzarderei un 10 minuti.
Sarà
un caso, ma hanno restituito i documenti e ci hanno lasciato uscire
non appena è giunto al limitare del cerchio Giorgio Cremaschi
(Presidente Comitato Centrale della FIOM). Ora, posto che ringrazio
anche in questa testimonianza Cremaschi, ma è possibile che la
nostra libertà possa essere limitata o riconosciuta a seconda della
presenza o meno di un personaggio noto e riconosciuto come “autorità”
dalle FFO?
Inizialmente,
durante l’accerchiamento e appena fuori dal cerchio, le FFO hanno
chiesto un documento d’identità ad un ragazzo che, a quel punto,
ha provato a scappare, per finire immediatamente raggiunto e sbattuto
contro il muro e bloccato da due carabinieri, dove è rimasto per
diverso tempo.
Una
volta liberi, le cose sono andate lentamente a scemare, con altre
tensioni minori e con i gli applausi al treno per Milano che
finalmente partiva.
E’
stato terribile vedere di quale violenza ed oppressione è capace il
nostro Stato quando agisce nel nome di interessi privati e non nel
segno della Costituzione.
Ma
è bene vederle certe cose, esserci di persona, provarle sulla
propria pelle, sentire cosa ti succede dentro. Perché queste cose,
purtroppo, ci sono e ci saranno sempre più, in Italia e in Europa. E
bisogna prepararsi fisicamente e psicologicamente, per quanto non si
sarà mai abbastanza pronti a vedere e subire questo tipo di
violenza, di oppressione.
Ritornando
a casa (un’oretta circa) ho continuato a sentirmi addosso e dentro
tutta la rabbia per quanto successo, per la gravità e la
spudoratezza di quanto visto e vissuto, e ho continuato a stringere
quell’insieme di pagine e parole che è la nostra Costituzione. Più
o meno inconsapevolmente mi ero aggrappato anche fisicamente a quel
libretto che è stato capace di darmi forza prima, durante e dopo.
Dobbiamo
brandirla come arma, quando occorre, dobbiamo imparare a farlo.
Quel
testo se lasciato da solo vale come un giornale da metropolitana. La
Costituzione ha la forza che noi le diamo, che noi le consentiamo di
avere. Questi casi, aimè sempre più frequenti, non devono indurre
in noi il pensiero che quel testo, i suoi principi, i suoi valori,
siano ormai un’eredità persa, ma anzi devono spronarci a un
maggior impegno per ribadire che quella Costituzione è ancora in
vigore e tale deve rimanere. A qualunque costo.
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