Grugliasco,
10 febbraio 2013-2014-2015-2016
FASCISMO, GUERRA DI
STERMINIO, FOIBE:
REVISIONISMO DI
STATO E AMNESIE DELLA REPUBBLICA
I nazifascisti non sono e non saranno mai né vittime, né martiri
Il
10 febbraio 1947 venne firmato il Trattato di pace di Parigi tra gli
Alleati vincitori della Seconda Guerra Mondiale e i Paesi sconfitti
alleati del Terzo Reich tedesco, tra cui l'Italia, che doveva pagare
le colpe del fascismo di Mussolini, coautore della guerra totale e
razzista che aveva provocato 55 milioni di morti, generando
oppressione, miseria, fame, terrore, distruzione a fianco dei nazisti
per 3 su 6 anni di guerra.
Da
ormai diversi anni nel nostro Paese, invece, la data del 10 febbraio
è celebrata come il “giorno del ricordo” delle "vittime
delle foibe" e dell'esodo, stabilendo così un'artificiosa e
scorretta relazione di causa-effetto tra i due fenomeni. Inoltre, dal
testo della legge che istituisce questa “solennità” civile
(Legge n°92 del 30 marzo 2004), emerge chiaramente la volontà, oggi
sancita con legge dello Stato, di riabilitare e celebrare come
martiri alcune centinaia di nazifascisti della RSI o alle dirette
dipendenze del Terzo Reich, giustiziati dai partigiani jugoslavi e i
cui corpi vennero gettati nelle cavità carsiche definite "foibe",
pratica già in uso nei decenni precedenti e non riconducibile ad
alcun genocidio anti-italiano propagandato dai revisionisti politici
della storia.
Con
la Legge 92/04, la Repubblica riconosce ufficialmente anche -
soprattutto - fascisti e collaboratori dei nazisti, militari e
civili, inclusi diversi criminali di guerra. Infatti le forze
reazionarie e neofasciste hanno tentato di inserire il “giorno del
ricordo”, quale giornata dell'orgoglio fascista, in un più ampio
progetto di equiparazione dei morti nazifascisti ai Caduti della
Guerra di Liberazione 1943-1945, quella Resistenza che conquistò in
Italia la libertà, la Costituzione, la democrazia.
La
propaganda viene portata avanti al grido di “sono tutti morti
italiani”: in realtà i nazifascisti non sono e non saranno mai né
vittime né martiri e noi antifascisti ci rifiutiamo di onorarli.
In
sintesi, la Repubblica italiana ha ufficialmente riconosciuto i
fascisti uccisi dai partigiani jugoslavi come propri martiri, cioè
in quanto italiani morti per difendere i confini della Patria dagli
occupanti stranieri, riconoscendo di conseguenza, in primo luogo,
quale legittima l'Italia che essi hanno servito in vita, cioè la
RSI, vale a dire lo stato satellite del Terzo Reich che deportava
ebrei, slavi e antifascisti nei campi di sterminio; e definendo in
secondo luogo gli Alleati delle potenze antifasciste come nemici e
occupanti, quindi descrivendo i Partigiani e tutti gli antifascisti
quali collaborazionisti degli occupanti e quindi traditori della
Patria, rovesciando i
ruoli e riscrivendo la storia in senso nazional-fascista
e riconosciuta come tale a
livello ufficiale.
Insomma,
la realizzazione concreta di un vecchio sogno fascista: "l'Italia
ricorderà i nostri camerati morti come eroi e li ricoprirà d'onore,
parlandone alle nuove generazioni affinché sia ricordata la loro
storia e il loro sacrificio per la Patria".
Sia
alle celebrazioni istituzionali del 10 febbraio e sia nei servizi
televisivi vengono citati sempre e solo le foibe e l'esodo e vengono
recitati i numeri falsi della propaganda, garantita dalla Legge 92,
che tra l'altro sancisce un rapporto di causa effetto tra i due
fenomeni, per cui la "versione ufficiale" della storia che
si racconta nelle case e nelle scuole della Repubblica diventa
questa: "in seguito
ai massacri delle foibe, la terribile pulizia etnica con cui i
barbari partigiani slavocomunisti di Tito hanno ucciso migliaia e
migliaia di italiani in quanto tali, gettandoli spesso ancora vivi
negli abissi del carso, oltre 350.000 italiani sono stati costretti a
lasciare Istria, Fiume e Dalmazia, terre da sempre italiane, e da
allora sono in esilio".
Il ruolo e la posizione dei militanti antifascisti dell'ANPI
Ci
opponiamo fermamente alla semplificazione e alla strumentalizzazione
della storia, manipolata appositamente per supportare precise
esigenze irredentiste e portare avanti progetti politici intrisi di
nostalgia fascista e nazionalista. Per noi antifascisti è
fondamentale considerare per quale progetto di società hanno operato
in vita e per quali ideali si sono sacrificati i morti di quegli
anni. Riteniamo che sia scorretto, offensivo, democraticamente e
politicamente inaccettabile considerare alla stessa stregua chi morì
per la libertà e i diritti e chi invece morì cercando di difendere
la dittatura fascista e completare il progetto di società razzista
fondata sulla violenza, sullo sfruttamento dei lavoratori, sullo
sterminio di massa delle "razze inferiori" e degli
oppositori.
Sentiamo
la necessità di chiarire che cosa è successo in questi anni di
propaganda e di ribadire che il riconoscimento ufficiale dei
nazifascisti da parte della Repubblica va respinto con determinazione
e in modo organizzato mediante iniziative culturali - in particolar
modo verso i giovani e le scuole - volte a far conoscere la storia,
rifiutando la vulgata politica neofascista calata dall’alto tramite
il “giorno del ricordo”, oggi divenuta "verità"
ufficiale di Stato sancita per legge.
Ci
proponiamo di raccontare, attraverso documenti e testimonianze (tra
questi il video “Fascist Legacy” della BBC, la Relazione della
Commissione storica mista italo-slovena del 1993-2000, pubblicata a
cura dell’ANPI di Gorizia, che analizza i rapporti tra i due paesi
tra il 1880 e il 1956, i documenti pubblicati su Patria Indipendente
tra il 2005 e il 2016), come si sono realmente svolte le vicende
storiche dall'inizio del fascismo, in particolare quelle riguardanti
il confine orientale e la Jugoslavia, con il progetto di genocidio
delle popolazioni jugoslave da parte dei fascisti italiani.
Crimini
fascisti e pulizia etnica in Jugoslavia
A
partire dalla fine della Prima Guerra Mondiale fino al 1943, nei
territori annessi e in tutta la Jugoslavia occupata, l’esercito
italiano e le milizie fasciste compirono violenti massacri, attuando
una vera e propria bonifica etnica delle popolazioni jugoslave,
distruggendo interi villaggi e sterminando la popolazione civile,
dando luogo a innumerevoli stragi, oggi dimenticate e sepolte sotto
l’oscuro e pericoloso manto auto-assolutorio degli “italiani
brava gente”.
Con
il Trattato di Rapallo del 1920, circa 500.000 sloveni e croati
entrarono a far parte del Regno d'Italia e divennero "italiani",
ma già il 13 luglio 1920 gli squadristi italiani incendiarono il
Narodni Dom, la casa del popolo sloveno quale simbolo della cultura e
della comunità slovena.
La
politica di distruzione dell’identità slovena e croata è stata
praticata dallo Stato italiano (prima liberale e poi fascista) negli
anni '20 e '30 mediante l’italianizzazione forzata dei cognomi
(circa 500.000), dei nomi personali e dei toponimi, il divieto di
parlare sloveno e croato, la chiusura di tutti i giornali (31), la
soppressione dei circoli culturali, dei soggetti di rappresentanza
politica e sociale, delle scuole (circa 400 con 840 classi e 52.000
studenti), l’espropriazione dei beni e delle terre consegnate agli
italiani che, sullo stesso modello coloniale applicato in Africa,
sostituivano la popolazione slovena e croata che era fuggita
all'estero tra le due guerre mondiali (un esodo dimenticato di oltre
100.000 persone). Inoltre, la repressione del Tribunale Speciale
contro ogni tentativo di ribellione fu particolarmente violenta
contro la comunità slovena e croata: 131 processi su 978
riguardavano sloveni e croati, 544 imputati su 5.600 erano sloveni e
croati, 33 condanne a morte su 42 erano state emanate contro sloveni
e croati.
Il
6 aprile 1941 l'Italia aggredisce militarmente la Jugoslavia con
centinaia di migliaia di soldati e truppe d'invasione senza alcuna
dichiarazione di guerra. Tra il 1941 e il 1943 i fascisti italiani si
distinsero per la crudeltà di stampo terroristico e razzista
antijugoslavo, soprattutto verso la popolazione civile: incendi,
torture, impiccagioni, stragi e massacri, deportazioni, fucilazioni,
stupri, oltre 350.000 morti. La circolare 3C del generale Mario
Roatta (1° marzo 1942) fissava le regole con le quali le autorità
militari italiane dovevano condurre l'occupazione in Jugoslavia, del
tutto simili alle direttive naziste applicate all'Italia occupata:
uccidere i Partigiani presi prigionieri sul campo, incendiare le loro
case, individuare in ogni paese ostaggi da fucilare per rappresaglia
in caso di attacchi partigiani, svuotare i villaggi della popolazione
deportando nei campi di concentramento tutti gli abitanti di quelle
zone che sostenevano la Resistenza antifascista.
Ricordiamo,
infatti, il crimine italiano dimenticato dei campi di concentramento
fascisti in Italia e Jugoslavia, nei quali furono deportate oltre
100.00 persone tra partigiani e civili jugoslavi, inclusi molti
bambini: i più famosi Kampor sull’isola di Rab, Gonars, Visco,
Chiesanuova, Cairo Montenotte, Renicci di Anghiari, Colfiorito,
Monigo di Treviso, Fraschette di Alatri, Fossalon di Grado, nei quali
perirono migliaia di persone tra fucilazioni, violenze, fame e
malattie.
Dall’autunno
1943, il territorio corrispondente alle allora province di Udine,
Gorizia, Fiume, Pola e Lubiana era stato definito Zona di Operazione
Litorale Adriatico e posto sotto diretta amministrazione nazista: i
militari e le forze dell’ordine italiane furono quindi impiegate,
su ordine tedesco, in azioni antipartigiane, rastrellamenti, torture,
deportazioni e massacri di civili e partigiani su tutto il territorio
del Litorale Adriatico.
Ricordiamo
che tra il 1943 e il 1945 ben 53 convogli di deportati politici su 80
(cioè due su tre) e diretti ai campi di sterminio nazisti di Dachau,
Mauthausen e Buchenwald, partirono proprio da Trieste, Pola e
Monfalcone per un totale di oltre 10.000 deportati: l'antifascismo e
la Resistenza si erano sviluppate molto nel fertile suolo delle
rivendicazioni nazionali delle comunità slovena e croata proprio
perché intendevano riconquistare le libertà perdute e quindi porre
fine alla violenta oppressione razzista italiana che il regime
fascista faceva coincidere con lo Stato italiano.
Il
fascismo di Mussolini ha anche accolto, negli anni ’30, gli
ustascia, i fascisti croati comandati da Ante Pavelic, addestrando le
sue truppe in appositi campi militari in Italia e armando lo “Stato
Indipendente di Croazia”, di cui era sovrano Aimone di Savoia.
Pavelic e gli ustascia attuarono massacri particolarmente cruenti, un
genocidio su vasta scala di cui è corresponsabile il fascismo
italiano: oltre 700.000 persone (tra cui ebrei, rom, serbi e
dissidenti politici) sono state eliminate nei campi di sterminio
ustascia, il più famoso Jasenovac.
Partigiani
italiani e Partigiani jugoslavi: fratellanza antifascista
Sentiamo
il dovere di ricordare le formazioni partigiane composte da italiani
che hanno combattuto in Jugoslavia al fianco delle brigate partigiane
dell'Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo guidato dal
Maresciallo Tito, per cacciare i nazifascisti di Mussolini, Hitler e
Pavelic dai Balcani (in particolare le Divisioni "Garibaldi"
e "Italia"), unitamente alle brigate e i battaglioni
composti da jugoslavi che dopo la liberazione dei campi di
concentramento fascisti si sono uniti ai partigiani italiani, simbolo
della fratellanza antifascista e dell’internazionalismo della
Resistenza, contro i collaborazionisti fascisti di ogni nazionalità.
Una decina di Partigiani jugoslavi riposano nel Campo della Gloria
del Cimitero Monumentale di Torino: i loro nomi sono
Bukvic
Savo, Dabanovic Velizar, Dolovac Visica, Gregors Frano, Ksizninoc
Sergije, Mencak Adolf, Radunoc Djuro, VisijanovicIlija Davide,
Aleksic Miodrag. A questi uomini va il nostro pensiero e la nostra
gratitudine per essersi sacrificati per la nostra libertà e aver
scritto alcune delle pagine migliori della nostra storia.
FOIBE
Dalle
foibe sono state recuperate 217 salme nell'autunno-inverno 1943-1944
dai vigili del fuoco alle dirette dipendenze dei nazisti e altre 464
nel periodo 1945-1948 su direttiva alleata, cioè parliamo di circa
650-700 corpi
effettivamente recuperati dalle voragini carsiche.
I
cadaveri rinvenuti (e riconosciuti) appartenevano a italiani,
tedeschi e jugoslavi: la maggior parte appartenevano a militari
italiani perché italiani erano stati i soldati, fascisti, i
prefetti, i picchiatori, i torturatori, i miliziani, le spie, gli
invasori.
Non
si tratta di un fenomeno, ma di più fenomeni che vengono
artificiosamente mischiati insieme per giustificare tesi
nazionaliste, irredentiste e neofasciste:
-
le foibe del 1943,
definite "istriane",
formate principalmente da atti di giustizia sommaria antifascista,
rivolte contadine e di classe contro i padroni italiani che avevano
espropriato le terre ai contadini "slavi di razza inferiore"
e omicidi commessi da criminali comuni, ma anche nazifascisti che
nell'autunno 1943 hanno compiuto stragi e massacri occultando i
cadaveri delle vittime, persone che hanno semplicemente gettato
cadaveri nelle fosse per evitare il dilagare di epidemie e casi
simili;
-
le foibe del 1945,
definite "triestine",
che ebbero carattere di
"resa dei conti" contro il fascismo che aveva fatto
coincidere l'oppressione e la repressione con lo Stato Italiano, di
rivalsa nei confronti degli invasori italiani e di rivendicazione
nazionale di quei territori nella nuova Jugoslavia a guida comunista.
La
notizia che qualcuno sia stato gettato nelle foibe ancora vivo o che
qualcuno si sia salvato dopo essere stato gettato vivo in una foiba è
una leggenda che non ha riscontri reali ne documentali, come falsa è
la sempre dichiarata impunità dei presunti "infoibatori":
dopo il 1945 ci sono stati una cinquantina di processi con relative
condanne emesse dalle stesse autorità jugoslave e alleate.
Con
il tempo è stato poi modificato il significato della parola
"infoibati" in modo scorretto e strumentale, estendendo
tale definizione a "tutti gli italiani che vennero soppressi dai
partigiani jugoslavi in quegli anni su quei territori".
Ma tra il 1943 e il 1945 in Italia c'è stata sia la Resistenza
antifascista, politicamente guidata dal CLNAI e militarmente guidata
dal CVL, sia la riorganizzazione del fascismo con la Repubblica
Sociale Italiana, fondata in Germania e guidata dai gerarchi fascisti
in continuità dell'alleanza guerrafondaia e razzista con il Terzo
Reich tedesco, che continuava a sterminare ebrei e antifascisti nei
forni crematori in tutta Europa.
Durante
i giorni della Liberazione e dei circa 40 giorni dell'amministrazione
jugoslava di Trieste furono arrestate circa 17.000 persone, la
maggior parte delle quali rilasciate entro pochi giorni dopo essere
state interrogate, le altre - a seconda delle responsabilità
individuate dai tribunali jugoslavi - trattenute e rilasciate in
seguito, fucilate o trasferite nei campi per prigionieri di guerra in
Jugoslavia, le cui condizioni erano terribili a causa di lavoro
forzato, fame e malattie. Il
numero dei morti e degli scomparsi - cioè dei mai tornati di cui non
è mai stata accertata la morte - è di alcune migliaia, ma non è
riconducibile ad alcun progetto di genocidio anti-italiano,
cioè di sterminio etnico sistematico di tutti gli italiani in quanto
tali. Altrimenti sarebbero stati eliminati anche le decine di
migliaia di partigiani italiani delle Divisioni Italia e Garibaldi
che fecero la Resistenza in Jugoslavia e che rientrarono in Italia
vittoriose, anche con medaglia al merito rilasciate dalle autorità
jugoslave.
“ESODO”
Il
fenomeno noto come "esodo
istriano, giuliano, dalmata",
invece, va contestualizzato nell'ampio panorama europeo delle
migrazioni postbelliche che interessò circa 15 milioni di persone e
va considerato nell'ampio lasso di tempo che va dal 1947 al 1956, a
vari scaglioni. Numericamente ha interessato circa 240.000 persone,
di cui 40.000 circa erano arrivate con il fascismo negli anni '20 e
altri 20.000 croati con lingua d'uso italiana.
Questi
fenomeni vanno approfonditi e studiati nella loro complessità: è
assurdo e scorretto darne una visione semplificata e superficiale,
perché irrimediabilmente si corre il rischio di stravolgere la
storia, piegandola alle esigenze politiche del momento e dandone in
questo modo una visione parziale priva di obiettività.
Le
cifre di "20.000 italiani assassinati e più di 6.000
sicuramente infoibati", come i "350.000 profughi che hanno
dovuto abbandonare le loro case e la loro terra natale per scappare
ai massacri e alle persecuzioni del regime jugoslavo di Tito"
appartengono alla propaganda neoirredentista e nazionalista fin dagli
anni '50, oggi costituiscono verità di Stato stabilita per Legge.
GLORIFICAZIONE
DEI NAZIFASCISTI: IL CASO UDOVISI
Un piccolo esempio per comprendere il tenore della propaganda neofascista di questi anni è rappresentato dal caso Udovisi.
La
RAI nel 2005 ha premiato con un oscar "uomo dell'anno"
Graziano Udovisi,
un anziano signore, qualificandolo come "combattente italiano
unico sopravvissuto alle foibe".
Graziano
Udovisi è stato un
combattente volontario nella Milizia
Difesa Territoriale (Landshutz
Miliz)
della Zona di Operazione Litorale Adriatico (territorio
corrispondente alle allora province di Udine, Gorizia, Fiume, Pola e
Lubiana), il corpo militare equivalente della Guardia
Nazionale Repubblicana della RSI
ma sottoposto alle dirette dipendenze del Terzo Reich.
Graziano
Udovisi, già comandante del presidio di Portole, ha militato con il
grado di tenente nel 2°
reggimento MDT "Istria", sotto il comando di Luigi Papo,
nucleo mobile "Mazza di Ferro", formazione che tra il 1943
e il 1945 seminò il terrore compiendo stragi di antifascisti e
rastrellando partigiani per tutta l'Istria.
La
sua storia del "sopravvissuto a una foiba" è stata
analizzata, confrontata e smontata in ogni particolare in due
pubblicazioni da Pol Vice (Scampati
o no, La
foiba dei miracoli,
collana ResistenzaStorica della KappaVu Edizioni)
che ha scavato negli archivi di Trieste scoprendo addirittura che
Udovisi era stato arrestato nell'agosto 1945, processato e condannato
"per avere, dopo
l'8.09.43 a Pola ed in altre località dell'Istria, collaborato col
tedesco invasore, favorendone i disegni politici"
(fonte: sentenza della Corte d'assise straordinaria di Trieste del
30/09/46).
Alcuni
storici hanno addirittura ripreso e pubblicato la storia di Graziano
Udovisi, prendendola per
buona e quindi accreditandola come autentica, intervistandolo e
riportando le interviste nei propri libri e in televisione: da
nazifascista rastrellatore di partigiani, assassino e torturatore a
tenero anziano star della tv e testimone acclamato nelle scuole.
Perché
Graziano Udovisi, grazie
alle interviste mandate in onda sulle reti televisive di Stato, ha
anche girato diverse scuole in qualità di testimone per raccontare
la propria esperienza, legittimato dal giorno del ricordo sancito
dalla Legge 92/04, nel frattempo approvata a stragrande maggioranza
dal parlamento della Repubblica.
Questa
vergogna fondata sulla manipolazione e la mistificazione, che
rappresenta un violento attacco alla storia e alla democrazia del
nostro Paese, non avrebbe mai avuto risonanza mediatica se diversi
storici accreditati come seri e autorevoli non l'avessero
legittimata, riabilitando
di fatto un nazifascista - e con lui, tutti gli altri - e
trasformandolo in una "vittima dell'odio slavocomunista solo
perché italiano",
parlando di Udovisi come di un "combattente
italiano" e di
"pulizia etnica
subìta dagli italiani in quanto tali da parte dei crudeli assassini
partigiani jugoslavi", che è la tesi della propaganda fascista
di carattere nazionalista
degli anni '40 e '50.
Non
confondiamo carnefici e vittime: la
guerra è guerra, ma c'è sempre chi aggredisce e chi viene
aggredito, e i Partigiani
hanno dovuto organizzarsi e difendersi di fronte allo sterminio
totale, non si possono
mettere sullo stesso piano i nazifascisti e i popoli invasi e
oppressi che si sono ribellati ai nazifascisti,
l'ANPI si opporrà sempre fermamente a tale visione distorta della
storia che vuole criminalizzare chi ha scelto la Resistenza.
NEOFASCISTI IN CORTEO A TORINO: UN'OFFESA ALLA RESISTENZA E ALLA CITTÀ
Su
questo Casapound, Forza Nuova, Blocco Studentesco, Azione
Studentesca, Fiamma Tricolore, La Destra, Fratelli d'Italia e
fascisti annessi hanno le idee chiare: loro sanno chi erano questi
"italiani" e infatti li ricordano come martiri, i loro
interlocutori istituzionali hanno anche elaborato una legge apposita,
spostando il tema dalla
discriminante politico-civile che è l'antifascismo internazionalista
della Resistenza partigiana alla discriminante nazionale e quindi
nazionalista ed etnica,
strumentalizzando e mischiando indistintamente anche omicidi e stragi
perpetrati da criminali comuni o dagli stessi fascisti, regolamenti
di conti personali e post-bellici, uccisioni di cui non è giusto né
corretto incolpare l'Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo,
armata partigiana riconosciuta ufficialmente come esercito nazionale
della Jugoslavia, quindi di uno Stato Alleato e liberatore, vincitore
- a differenza dell'Italia - della Seconda Guerra Mondiale.
Da
diversi anni alcune organizzazioni neofasciste e neonaziste
organizzano a Torino sfilate e iniziative per ricordare, in occasione
del 10 febbraio, tutte le “vittime delle foibe”, celebrando i
nazifascisti come eroi e "martiri difensori dell’italianità
dei confini", riprendendo la propaganda fascista e nazionalista
del 1943-1945 portata avanti in particolare dai servizi della Decima
Mas: questo reca una profonda e violenta offesa sia agli
oltre 17.000 Caduti istriani, tra vittime della repressione
nazifascista, morti nei campi di sterminio e Partigiani caduti nella
Resistenza armata, sia alla città di Torino, Medaglia d’Oro per la
Resistenza, che ha ospitato la comunità istriana sul proprio
territorio dopo l'esodo. Un generoso contributo, quello istriano,
alla causa antifascista che non può essere confuso con chi ha
sostenuto e animato il nazifascismo, sterminando nei forni crematori
della Risiera di San Sabba e di Auschwitz gli oppositori politici, i
partigiani degli eserciti di liberazione e le "razze"
ritenute inferiori.
Riteniamo
inoltre profondamente scorretto e irrispettoso strumentalizzare per
fini politici ed elettorali il dolore dei circa 250.000 esuli
istriani, il cui trasferimento avvenne a più riprese nel corso di
oltre 15 anni come conseguenza in primo luogo della guerra provocata
dai nazifascisti, fenomeno che va correttamente contestualizzato nel
più ampio panorama europeo in cui vi furono migrazioni postbelliche
che coinvolsero circa 15 milioni di persone.
NELLA
MEMORIA L’ESEMPIO, NELLA LOTTA LA PRATICA
ORA E SEMPRE RESISTENZA!
Il Comitato di
Sezione ANPI “68 Martiri” di Grugliasco dedica questo volantino e
questa mobilitazione al compagno Bruno
Radich, Partigiano
della 17° Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cima", 3°
Divisione Garibaldi "Amedeo Tonani", grugliaschese di
origini istriane, nato a Pola il 10/12/1921, nome di battaglia
"Aereo", Caduto in combattimento al Col del Lys il 2/07/44,
generoso sacrificio per la libertà di tutti i popoli contro i
nazifascisti, nemici dell'Umanità e della Patria.
Fonti
e materiali per approfondire
I
rapporti italo sloveni 1880-1956. Relazione della commissione
storico-culturale italo-slovena,
2000, ANPI Provinciale di Gorizia
Patria
Indipendente, ANPI
Nazionale, articoli sul tema tra il 2004 e il 2012 disponibili sul
sito www.anpi.it
Video
Partizani
di Eric Gobetti, 2015,
documentario con testimonianze di partigiani italiani in Jugoslavia
Fascist
Legacy, L'eredità fascista,
documentario sui crimini italiani in Africa e Jugoslavia e
sull'impunità dei criminali di guerra italiani, 1989, BBC
Partigiani
italiani in Jugoslavia e Partigiani jugoslavi in Italia
Con
gli italiani. Una cronaca mezzo secolo dopo,
2010, Associazione Culturale Stella Alpina
I
partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana. Storie e memorie di
una vicenda ignorata, di
Andrea Martocchia, 2011, Odradek
Confine
orientale
L'Italia
e il confine orientale,
di Marina Cattaruzza, 2007, Il Mulino
Il
confine orientale. Italia e Jugoslavia dal 1915 al 1955,
di Rolf Worsdorfer, 2009, Il Mulino
Revisionismo
politico della storia, falsi storici e strumentalizzazioni
La
storia negata. Il revisionismo e il suo uso politico,
AA.VV, 2009, Neri Pozza Editore
Revisionismo
storico e terre di confine,
atti del corso di aggiornamento del CESP del 13-14 marzo 2006 a
Trieste, AA.VV, 2007, Kappa Vu
La
foiba dei miracoli, indagine sul mito dei sopravvissuti,
di Pol Vice, 2008, Kappa Vu
Fenomenologia
di un martirologio mediatico. Le foibe nella rappresentazione
pubblica dagli anni Novanta ad oggi,
di Federico Tenca Montini, 2014, Kappa Vu
Campi
di concentramento italiani e pulizia etnica fascista in Jugoslava
Il
campo di sterminio fascista di Rab,
di Franc Pototnic, ANPI Provinciale di Torino
I
campi di concentramento per internati jugoslavi nell'Italia fascista.
I campi di Gonars e di Visco,
atti del convegno del 29 novembre 2003 a Palmanova, 2004, Kappa Vu
I
campi del Duce. L'internamento civile nell'Italia fascista
(1940-1943), di Carlo
Spartaco Capogreco, 2004, Einaudi
Lager
Italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per
civili jugoslavi 1941-1943,
di Alessandra Kersevan, 2008, Nutrimenti
Un
campo di concentramento fascista. Gonars 1942-1943,
di Alessandra Kersevan, 2010, Kappa Vu
Dalle
catene alla libertà. La "Rabska Brigada", una brigata
partigiana nata in un campo di concentramento fascista,
di Anton Vratusa, 2011, Kappa Vu
The
Gonars Memorial 1942-1943. Il simbolo della memoria italiana perduta,
DVD, di Alessandra Kersevan e Stefano Raspa, 2005, Kappa Vu
Sapevi
che?, opuscolo sul
Litorale Adriatico, ANPI Provinciale di Gorizia,
La
Resistenza fa scuola,
opuscolo sulle scuole partigiane slovene, 2010, ANPI Provinciale di
Trieste
Ante
Pavelic. Il Duce croato,
di Massimiliano Ferrara, 2008, Kappa Vu
Occupazione
militare, criminali di guerra italiani e mito della "brava
gente"
Italiani
senza onore. I crimini di guerra in Jugoslavia e i processi negati
1941-1951, di Costantino
Di Sante, 2005, Ombre Corte
Criminali
di guerra italiani. Accuse, processi e impunità nel secondo
dopoguerra, di Davide
Conti, 2011, Odradek
Italiani
brava gente, di Angelo
Del Boca, 2005, Neri Pozza Editore
Si
ammazza troppo poco, condannati a morte, ostaggi, passati per le armi
nella provincia di Lubiana 1941-1943,
di Tone Ferenc, 1999, Istituto per la Storia moderna di Lubiana
L'occupazione
allegra. Gli italiani in Jugoslavia 1941-1943,
di Eric Gobetti, 2007, Carocci
L'occupazione
italiana dei Balcani. Crimini di guerra e mito della "brava
gente" 1940-1943, di
Davide Conti, 2008, Odradek
"Bono
Italiano". Militari italiani in Jugoslavia dal 1941 al 1943: da
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