Contributo della Sezione ANPI "68 Martiri" di Grugliasco al
Presidio Antifascista per la Pace, la Democrazia e la verità storica
organizzato dal Comitato ANPI Provinciale di Torino in piazza Nazario
Sauro (Torino) per domenica 10 febbraio 2013
Appello della Sezione ANPI
“68 Martiri” di Grugliasco
per la mobilitazione
antifascista
contro il revisionismo politico della storia
e la riabilitazione dei
nazifascisti da parte della Repubblica
Il Comitato di Sezione
ANPI “68 Martiri” di Grugliasco dedica questo volantino e questa mobilitazione
al compagno Bruno Radich, Partigiano
della 17° Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cima", 3° Divisione
Garibaldi "Amedeo Tonani", grugliaschese di origini istriane, nato a
Pola il 10/12/1921, nome di battaglia "Areo", Caduto in combattimento
al Col del Lys il 2/07/44, generoso sacrificio per la libertà di tutti i popoli
contro i nazifascisti, nemici dell'Umanità e della Patria.
I nazifascisti non sono e non saranno mai
né vittime, né martiri
Il 10 febbraio 1947 venne firmato il Trattato di pace di
Parigi tra gli Alleati vincitori della Seconda Guerra Mondiale e i Paesi
sconfitti alleati del Terzo Reich tedesco, tra cui l'Italia, che doveva pagare
le colpe del fascismo di Mussolini, coautore della guerra totale e razzista che
aveva provocato 55 milioni di morti, generando oppressione, miseria, fame,
terrore, distruzione a fianco dei nazisti per 4 su 6 anni di guerra.
Da ormai diversi anni nel nostro Paese, invece, la data del
10 febbraio è celebrata come il “giorno del ricordo” delle "vittime delle
foibe" e dell'esodo, stabilendo così un'artificiosa e scorretta relazione
di causa-effetto tra i due fenomeni. Inoltre, dal testo della legge che
istituisce questa “solennità” civile (Legge n°92 del 30 marzo 2004), emerge
chiaramente la volontà, oggi sancita con legge dello Stato, di riabilitare e celebrare
come martiri alcune centinaia di nazifascisti della RSI o alle dirette
dipendenze del Terzo Reich, giustiziati dai partigiani jugoslavi e i cui corpi
vennero gettati nelle cavità carsiche definite "foibe", pratica già
in uso nei decenni precedenti e non riconducibile ad alcun genocidio
anti-italiano propagandato dai revisionisti politici della storia.
Con la Legge 92/04, la Repubblica riconosce ufficialmente anche
- soprattutto - fascisti e collaboratori dei nazisti, militari e civili, inclusi
diversi criminali di guerra. Infatti le forze reazionarie e neofasciste hanno
tentato di inserire il “giorno del ricordo”, quale giornata dell'orgoglio
fascista, in un più ampio progetto di equiparazione dei morti nazifascisti ai
Caduti della Guerra di Liberazione 1943-1945, quella Resistenza che conquistò
in Italia la libertà, la Costituzione, la democrazia.
La propaganda viene portata avanti al grido di “sono tutti
morti italiani”: in realtà i nazifascisti non sono e non saranno mai né vittime
né martiri e noi antifascisti ci rifiutiamo di onorarli.
Il ruolo e la posizione dei militanti antifascisti dell'ANPI
Ci opponiamo fermamente alla semplificazione e alla strumentalizzazione
della storia, manipolata appositamente per supportare precise esigenze
irredentiste e portare avanti progetti politici intrisi di nostalgia fascista e
nazionalista. Per noi antifascisti è fondamentale considerare per quale
progetto di società hanno operato in vita e per quali ideali si sono
sacrificati i morti di quegli anni. Riteniamo che sia scorretto, offensivo,
democraticamente e politicamente inaccettabile considerare alla stessa stregua
chi morì per difendere la libertà, la democrazia e i diritti e chi morì
cercando di difendere la dittatura fascista e completare il progetto di società
razzista fondata sulla violenza, sullo sfruttamento dei lavoratori, sull’eliminazione
di massa delle "razze inferiori" e degli oppositori.
Sentiamo la necessità di chiarire che cosa è successo in
questi anni di propaganda e di ribadire che il riconoscimento ufficiale dei
nazifascisti da parte della Repubblica va respinto con determinazione e in modo
organizzato mediante iniziative culturali - in particolar modo verso i giovani
e le scuole - volte a far conoscere la storia, rifiutando la vulgata politica
neofascista calata dall’alto tramite il “giorno del ricordo”, oggi divenuta "verità"
ufficiale di Stato sancita per legge.
Ci proponiamo di raccontare, attraverso documenti e
testimonianze (tra questi il video “Fascist Legacy” della BBC, la Relazione
della Commissione storica mista italo-slovena del 1993-2000, pubblicata a cura
dell’ANPI di Gorizia, che analizza i rapporti tra i due paesi tra il 1880 e il
1956, i documenti pubblicati su Patria Indipendente tra il 2005 e il 2012),
come si sono realmente svolte le vicende storiche dall'inizio del fascismo, in
particolare quelle riguardanti il confine orientale e la Jugoslavia, con il
progetto di genocidio delle popolazioni jugoslave da parte dei fascisti
italiani.
Crimini fascisti e
pulizia etnica in Jugoslavia
A partire dalla fine della Prima
Guerra Mondiale fino al 1943, nei territori annessi e in tutta la Jugoslavia
occupata, l’esercito italiano e le milizie fasciste compirono violenti
massacri, attuando una vera e propria bonifica etnica delle popolazioni
jugoslave, distruggendo interi villaggi e sterminando la popolazione civile,
dando luogo a innumerevoli stragi, oggi dimenticate e sepolte sotto l’oscuro e
pericoloso manto auto-assolutorio degli “italiani brava gente”.
Con il Trattato di Rapallo del 1920, circa 500.000 sloveni e
croati entrarono a far parte del Regno d'Italia e divennero
"italiani", ma già il 13 luglio 1920 gli squadristi italiani
incendiarono il Narodni Dom, la casa del popolo sloveno quale simbolo della cultura
e della comunità slovena.
La politica di distruzione dell’identità slovena e croata è
stata praticata dallo Stato italiano (prima liberale e poi fascista) negli anni
'20 e '30 mediante l’italianizzazione forzata dei cognomi (circa 500.000), dei
nomi personali e dei toponimi, il divieto di parlare sloveno e croato, la
chiusura di tutti i giornali (31), la soppressione dei circoli culturali, dei
soggetti di rappresentanza politica e sociale, delle scuole (circa 400 con 840
classi e 52.000 studenti), l’espropriazione dei beni e delle terre consegnate
agli italiani che, sullo stesso modello coloniale applicato in Africa,
sostituivano la popolazione slovena e croata che era fuggita all'estero tra le
due guerre mondiali (un esodo dimenticato di oltre 100.000 persone). Inoltre, la
repressione del Tribunale Speciale contro ogni tentativo di ribellione fu particolarmente
violenta contro la comunità slovena e croata: 131 processi su 978 riguardavano
sloveni e croati, 544 imputati su 5.600 erano sloveni e croati, 33 condanne a
morte su 42 erano state emanate contro sloveni e croati.
Il 6 aprile 1941 l'Italia aggredisce militarmente la
Jugoslavia con centinaia di migliaia di soldati e truppe d'invasione senza
alcuna dichiarazione di guerra. Tra il 1941 e il 1943 i fascisti italiani si
distinsero per la crudeltà di stampo terroristico e razzista antijugoslavo, soprattutto
verso la popolazione civile: incendi, torture, impiccagioni, stragi e massacri,
deportazioni, fucilazioni, stupri, oltre 350.000 morti. La circolare 3C del
generale Mario Roatta (1° marzo 1942) fissava le regole con le quali le
autorità militari italiane dovevano condurre l'occupazione in Jugoslavia, del
tutto simili alle direttive naziste applicate all'Italia occupata: uccidere i
Partigiani presi prigionieri sul campo, incendiare le loro case, individuare in
ogni paese ostaggi da fucilare per rappresaglia in caso di attacchi partigiani,
svuotare i villaggi della popolazione deportando nei campi di concentramento
tutti gli abitanti di quelle zone che sostenevano la Resistenza antifascista.
Ricordiamo, infatti, il crimine italiano dimenticato dei campi
di concentramento fascisti in Italia e Jugoslavia, nei quali furono deportate
oltre 100.00 persone tra partigiani e civili jugoslavi, inclusi molti bambini:
i più famosi Kampor sull’isola di Rab, Gonars, Visco, Chiesanuova, Cairo
Montenotte, Renicci di Anghiari, Colfiorito, Monigo di Treviso, Fraschette di
Alatri, Fossalon di Grado, nei quali perirono migliaia di persone tra
fucilazioni, violenze, fame e malattie.
Dall’autunno 1943, il territorio corrispondente alle allora
province di Udine, Gorizia, Fiume, Pola e Lubiana era stato definito Zona di
Operazione Litorale Adriatico e posto sotto diretta amministrazione nazista: i
militari e le forze dell’ordine italiane furono quindi impiegate, su ordine
tedesco, in azioni antipartigiane, rastrellamenti, torture, deportazioni e
massacri di civili e partigiani su tutto il territorio del Litorale Adriatico.
Ricordiamo che tra il 1943 e il 1945 ben 53 convogli di
deportati politici su 80 (cioè due su tre) e diretti ai campi di sterminio
nazisti di Dachau, Mauthausen e Buchenwald, partirono proprio da Trieste, Pola
e Monfalcone per un totale di oltre 10.000 deportati: l'antifascismo e la
Resistenza si erano sviluppate molto nel fertile suolo delle rivendicazioni
nazionali delle comunità slovena e croata proprio perché intendevano
riconquistare le libertà perdute e quindi porre fine alla violenta oppressione
razzista italiana che il regime fascista faceva coincidere con lo Stato
italiano.
Il fascismo di Mussolini ha anche accolto, negli anni ’30,
gli ustascia, i fascisti croati comandati da Ante Pavelic, addestrando le sue
truppe in appositi campi militari in Italia e armando lo “Stato Indipendente di
Croazia”, di cui era sovrano Aimone di Savoia. Pavelic e gli ustascia attuarono
massacri particolarmente cruenti, un genocidio su vasta scala di cui è
corresponsabile il fascismo italiano: oltre 700.000 persone (tra cui ebrei, rom,
serbi e dissidenti politici) sono state eliminate nei campi di sterminio
ustascia, il più famoso Jasenovac.
Partigiani italiani e Partigiani
jugoslavi: fratellanza antifascista
Sentiamo il dovere di ricordare le formazioni partigiane
composte da italiani che hanno combattuto in Jugoslavia al fianco delle brigate
partigiane del Maresciallo Tito per cacciare i nazifascisti di Mussolini,
Hitler e Pavelic dai Balcani (in particolare le Divisioni "Garibaldi"
e "Italia") unitamente alle brigate e i battaglioni composti da
jugoslavi che dopo la liberazione dei campi di concentramento fascisti si sono
uniti ai partigiani italiani, simbolo
della fratellanza antifascista e dell’internazionalismo della Resistenza,
contro i collaborazionisti fascisti di ogni nazionalità. Una decina di
Partigiani jugoslavi riposano nel Campo della Gloria del Cimitero Monumentale
di Torino: i loro nomi sono Bukvic Savo, Dabanovic Velizar, Dolovac Visica, Gregors
Frano, Ksizninoc Sergije, Lovacic Bruno, Mencak Adolf, Radunoc Djuro,
VisijanovicIlija Davide, Aleksic Miodrag. A questi uomini va il nostro pensiero
e la nostra gratitudine per essersi sacrificati per la nostra libertà e aver
scritto alcune delle pagine migliori della nostra storia.
Neofascisti in corteo a Torino: un'offesa alla Resistenza e alla città
Da diversi anni alcune organizzazioni neofasciste e
neonaziste organizzano a Torino sfilate e iniziative per ricordare, in
occasione del 10 febbraio, tutte le “vittime delle foibe”, celebrando i
nazifascisti come eroi e "martiri difensori dell’italianità dei confini",
riprendendo la propaganda fascista e nazionalista del 1943-1945 portata avanti
in particolare dai servizi della Decima Mas: questo reca una profonda e
violenta offesa sia agli oltre 17.000 Caduti istriani, tra vittime della repressione nazifascista,
morti nei campi di sterminio e Partigiani caduti nella Resistenza armata, sia
alla città di Torino, Medaglia d’Oro per la Resistenza, che ha ospitato la
comunità istriana sul proprio territorio dopo l'esodo. Un generoso contributo,
quello istriano, alla causa antifascista che non può essere confuso con chi ha
sostenuto e animato il nazifascismo, sterminando nei forni crematori della
Risiera di San Sabba e di Auschwitz gli oppositori politici, i partigiani degli
eserciti di liberazione e le "razze" ritenute inferiori.
Riteniamo inoltre profondamente scorretto e irrispettoso
strumentalizzare per fini politici ed elettorali il dolore dei circa 250.000
esuli istriani, il cui esodo avvenne a più riprese nel corso di oltre 15 anni come
conseguenza in primo luogo della guerra provocata dai nazifascisti, fenomeno
che va correttamente contestualizzato nel più ampio panorama europeo in cui vi
furono migrazioni postbelliche che coinvolsero circa 15 milioni di persone.
Proposte di mobilitazione per il futuro
Coordiniamoci tra Sezioni ANPI e con il Comitato
Provinciale, promuovendo un vasto fronte unitario antifascista popolare e
organizzandoci per contrastare in modo civile ed efficace l'avanzata
neofascista in ogni ambito e in ogni settore della società. Attiviamoci per:
- proseguire la mobilitazione in corrispondenza del 10 febbraio di ogni anno, perpetuando il presidio antifascista contro il revisionismo politico della storia per tutti gli anni a venire, coinvolgendo altri soggetti politici e sociali del territorio e prevedendo iniziative culturali e divulgative sul tema in modo da trasformarlo in un appuntamento fisso e partecipato dalla popolazione.
- condividere la documentazione, le fonti, i dati per approfondire i temi del confine orientale e della Legge 92/2004, per produrre materiale da diffondere, estendendo la mobilitazione antifascista sul territorio attraverso la consapevolezza della cittadinanza.
- coinvolgere le istituzioni locali per promuovere formazione storica e antifascista volta alla crescita intellettuale, culturale, politica e civile di chi temporaneamente ricopre ruoli istituzionali negli organi di rappresentanza popolare, a partire dalla Costituzione nata dalla Resistenza.
- rinnovare il corso di formazione per militanti antifascisti organizzato dalla commissione "Giovani e Istruzione" del Comitato Provinciale ANPI di Torino, concentrandosi sui temi del revisionismo politico della storia, lo sdoganamento dei neofascisti, la sovranità popolare, la pratica della democrazia e l’attualità dell’antifascismo.
NELLA MEMORIA L’ESEMPIO, NELLA LOTTA LA
PRATICA
ORA E SEMPRE
RESISTENZA!
Fonti e materiali per
approfondire: questo materiale costituisce una minima parte e rimanda a
numerose ulteriori documentazioni sul tema
I rapporti italo
sloveni 1880-1956. Relazione della commissione storico-culturale italo-slovena, 2000, ANPI Provinciale di Gorizia
Patria Indipendente, ANPI Nazionale, articoli sul tema tra
il 2004 e il 2012 disponibili sul sito www.anpi.it
Partigiani italiani in
Jugoslavia e Partigiani jugoslavi in Italia
Con gli italiani. Una
cronaca mezzo secolo dopo, 2010, Associazione Culturale Stella Alpina
I partigiani jugoslavi
nella Resistenza italiana. Storie e memorie di una vicenda ignorata, di Andrea Martocchia, 2011,
Odradek
Revisionismo politico
della storia, falsi storici e strumentalizzazioni
La storia negata. Il
revisionismo e il suo uso politico, AA.VV, 2009, Neri Pozza Editore
Revisionismo storico e
terre di confine,
atti del corso di aggiornamento del CESP del 13-14 marzo 2006 a Trieste, AA.VV,
2007, Kappa Vu
La foiba dei miracoli,
indagine sul mito dei sopravvissuti, di Pol Vice, 2008, Kappa Vu
Campi di
concentramento italiani e pulizia etnica fascista in Jugoslava
Fascist Legacy,
L'eredità fascista,
documentario sui crimini italiani in Africa e Jugoslavia e sull'impunità dei
criminali di guerra italiani, 1989, BBC
Il campo di sterminio
fascista di Rab, di
Franc Pototnic, ANPI Provinciale di Torino
I campi di
concentramento per internati jugoslavi nell'Italia fascista. I campi di Gonars
e di Visco, atti
del convegno del 29 novembre 2003 a Palmanova, 2004, Kappa Vu
I campi del Duce.
L'internamento civile nell'Italia fascista (1940-1943), di Carlo Spartaco Capogreco, 2004,
Einaudi
Lager Italiani.
Pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili jugoslavi
1941-1943, di
Alessandra Kersevan, 2008, Nutrimenti
Un campo di
concentramento fascista. Gonars 1942-1943, di Alessandra Kersevan, 2010, Kappa Vu
Dalle catene alla
libertà. La "Rabska Brigada", una brigata partigiana nata in un campo
di concentramento fascista, di Anton Vratusa, 2011, Kappa Vu
The Gonars Memorial
1942-1943. Il simbolo della memoria italiana perduta, DVD, di Alessandra Kersevan e
Stefano Raspa, 2005, Kappa Vu
Sapevi che?, opuscolo sul Litorale Adriatico,
ANPI Provinciale di Gorizia,
La Resistenza fa
scuola, opuscolo
sulle scuole partigiane slovene, 2010, ANPI Provinciale di Trieste
Ante Pavelic. Il Duce
croato, di
Massimiliano Ferrara, 2008, Kappa Vu
Occupazione militare,
criminali di guerra italiani e mito della "brava gente"
Italiani senza onore.
I crimini di guerra in Jugoslavia e i processi negati 1941-1951, di Costantino Di Sante, 2005,
Ombre Corte
Criminali di guerra
italiani. Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra, di Davide Conti, 2011, Odradek
Italiani brava gente, di Angelo Del Boca, 2005, Neri
Pozza Editore
Si ammazza troppo
poco, condannati a morte, ostaggi, passati per le armi nella provincia di
Lubiana 1941-1943,
di Tone Ferenc, 1999, Istituto per la Storia moderna di Lubiana
L'occupazione allegra.
Gli italiani in Jugoslavia 1941-1943, di Eric Gobetti, 2007, Carocci
L'occupazione italiana
dei Balcani. Crimini di guerra e mito della "brava gente" 1940-1943, di Davide Conti, 2008, Odradek
"Foibe"
Operazione Foibe a
Trieste tra storia e mito, di Claudia Cernigoi, 2005, Kappa Vu
Foibe, revisionismo di
Stato e amnesie della Repubblica, atti del convegno Foibe: la verità contro il revisionismo
storico del 9 febbraio 2008 a Sesto San Giovanni, AA.VV, 2010, Kappa Vu
Dossier foibe, di Giacomo Scotti, 2005,
Manni
Foibe e deportazioni.
Per ristabilire la verità storica, quaderni della Resistenza n°10, 1998, Comitato Regionale ANPI
Friuli Venezia Giulia
Esodo
Esuli a Trieste.
Bonifica nazionale e rafforzamento dell'italianità sul confine orientale, di Sandi Volk, 2004, Kappa Vu
Metamorfosi etniche. I
cambiamenti di popolazione a Trieste, Gorizia, Fiume e in Istria 1914-1975, di Piero Purini, 2010, Kappa Vu
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