sabato 27 febbraio 2010

Speciale Elezioni Regionali 28 e 29 Marzo 2010



Questo è il volantino che l'ANPI di Grugliasco distribuirà in piazza e al mercato durante le giornate del Presidio Antifascista per la Pace e la Democrazia per sensibilizzare i cittadini ad andare a votare alle elezioni regionali del 28 e 29 Marzo 2010, auspicando un voto alle forze antifasciste, democratiche e progressiste.

APPELLO AGLI ELETTORI

Comitato ANPI Provinciale di Torino

Elezioni Regionali del Piemonte - 28 e 29 Marzo 2010



VOTA PER CHI VUOLE UN’ITALIA ANTIFASCISTA,
UNITA E DEMOCRATICA

VOTA PER CHI NEI FATTI
DA PROVA DI ESSERE ONESTO


NON VOTARE CHI NON HA MAI
RINNEGATO IL PASSATO FASCISTA

NON VOTARE CHI VUOLE DIVIDERE L’ITALIA

CON IL RAZZISMO, L’ANTISEMITISMO E LA XENOFOBIA

NON VOTARE CHI ATTENTA
ALLE CONQUISTE DEI LAVORATORI

NON VOTARE CHI PERSEGUE
INTERESSI PERSONALI


VOTA CONTRO UNA DESTRA
NON SOLO CONSERVATRICE MA REAZIONARIA

E POTENZIALMENTE EVERSIVA!



venerdì 26 febbraio 2010

ANPI Nazionale: Adesione alla Manifestazione del Popolo Viola del 27 Febbraio a Roma


Roma, 24 febbraio 2010

L’ANPI saluta la manifestazione indetta dal Popolo Viola per il 27 febbraio a Roma. Essa tende infatti a mobilitare tutti gli italiani, e in particolare le giovani generazioni, per la difesa e l’applicazione della Costituzione della Repubblica che le politiche dell’attuale maggioranza di governo stanno sistematicamente aggredendo col chiaro intento di trasformare la nostra democrazia parlamentare in un sistema autoritario e personale.
Prova lampante ne sono le norme sul processo breve, sull’immunità e sul legittimo impedimento che, ponendo di fatto un cittadino al di sopra degli altri, violano il sacrosanto principio secondo cui la legge è uguale per tutti. Ciò è incompatibile con i principi fondamentali della Costituzione nata dalla lotta e dal generoso sacrificio dei combattenti per la libertà d’Italia. Per queste ragioni la nostra Associazione, che con la sua “nuova stagione” è impegnata in una grande
campagna di difesa e sviluppo della democrazia in tutto il Paese, auspica che l’iniziativa in questione abbia pieno successo e realizzi ampia partecipazione.

PRESIDENZA E SEGRETERIA NAZIONALE ANPI

mercoledì 24 febbraio 2010

Ricordiamo Sandro Pertini: Partigiano, Socialista e Presidente della Repubblica



A Sandro Pertini è stata dedicata anni fa la Sala Consiliare del Comune di Grugliasco: a 20 anni dalla morte, ricordiamo il Partigiano e Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Vogliamo farlo sentire vicino in particolare alle giovani generazioni, sia con un suo discorso di fine anno (1983, nel video) e sia con un suo discorso alla Camera (1970, di seguito).

Parte 1



Parte 2



Parte 3




XXV ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE
Seduta della Camera dei Deputati del 23 aprile 1970 - Orazione ufficiale di Sandro Pertini


Lungo è il cammino percorso dai patrioti italiani per riconquistare la libertà e questo cammino non ha soluzioni di continuità, perché la Resistenza, a mio avviso, non è un fatto storico a sé stante, ma è stata la continuazione della lotta antifascista. I patrioti che, sotto la dittatura, si sono battuti forti solo della loro fede e della loro volontà, partecipano alla lotta armata della Resistenza.
Qui vi sono uomini che hanno lottato per la libertà dagli anni '20 al 25 aprile 1945. Nel solco tracciato con il sacrificio della loro vita da Giacomo Matteotti, da don Minzoni, da Giovanni Amendola, dai fratelli Rosselli, da Piero Gobetti e da Antonio Gramsci, sorge e si sviluppa la Resistenza.
Il fuoco che divamperà nella fiammata del 25 aprile 1945 era stato per lunghi anni alimentato sotto la cenere nelle carceri, nelle isole di deportazione, in esilio.
Alla nostra mente e con un fremito di commozione e di orgoglio si presentano i nomi di patrioti già membri di questo ramo del Parlamento uccisi sotto il fascismo: Giuseppe Di Vagno, Giacomo Matteotti, Pilati, Giovanni Amendola; morti in carcere Francesco Lo Sardo e Antonio Gramsci, mio indimenticabile compagno di prigionia; spentisi in esilio Filippo Turati, Claudio Treves, Eugenio Chiesa, Giuseppe Donati, Picelli caduto in terra di Spagna, Bruno Buozzi crudelmente ucciso alla Storta.
I loro nomi sono scritti sulle pietre miliari di questo lungo e tormentato cammino, pietre miliari che sorgeranno più numerose durante la Resistenza, recando mille e mille nomi di patrioti e di partigiani caduti nella guerra di Liberazione o stroncati dalle torture e da una morte orrenda nei campi di sterminio nazisti.
Recano i nomi, queste pietre miliari, di reparti delle forze armate, ufficiali e soldati che vollero restare fedeli soltanto al giuramento di fedeltà alla patria invasa dai tedeschi, oppressa dai fascisti: le divisioni «Ariete» e «Piave» che si batterono qui nel Lazio per contrastare l'avanzata delle unità corazzate tedesche; i granatieri del battaglione «Sassari» che valorosamente insieme con il popolo minuto di Roma affrontarono i tedeschi a porta San Paolo; la divisione «Acqui» che fieramente sostenne una lotta senza speranza a Cefalonia e a Corfù; i superstiti delle divisioni «Murge», «Macerata» e «Zara» che danno vita alla brigata partigiana «Mameli»; i reparti militari che con i partigiani di Boves fecero della Bisalta una roccaforte inespugnabile.
Giustamente, dunque, quando si ricorda la Resistenza si parla di Secondo Risorgimento. Ma tra il Primo e il Secondo Risorgimento vi è una differenza sostanziale. Nel Primo Risorgimento protagoniste sono minoranze della piccola e media borghesia, anche se figli del popolo partecipano alle ardite imprese di Garibaldi e di Pisacane. Nel Secondo Risorgimento protagonista è il popolo. Cioè guerra popolare fu la guerra di Liberazione. Vi partecipano in massa operai e contadini, gli appartenenti a quella classe lavoratrice che sotto il fascismo aveva visto i figli suoi migliori fieramente affrontare le condanne del tribunale speciale al grido della loro fede.
Non dimentichiamo, onorevoli colleghi, che su 5.619 processi svoltisi davanti al tribunale speciale 4.644 furono celebrati contro operai e contadini.
E la classe operaia partecipa agli scioperi sotto il fascismo e poi durante l'occupazione nazista, scioperi politici, non per rivendicazioni salariali, ma per combattere la dittatura e lo straniero e centinaia di questi scioperanti saranno, poi, inviati nei campi di sterminio in Germania, ove molti di essi troveranno una morte atroce.
Saranno i contadini del Piemonte, di Romagna e dell'Emilia a battersi e ad assistere le formazioni partigiane. Senza questa assistenza offerta generosamente dai contadini, la guerra di Liberazione sarebbe stata molto più dura. La più nobile espressione di questa lotta e di questa generosità della classe contadina è la famiglia Cervi. E saranno sempre figli del popolo a dar vita alle gloriose formazioni partigiane.
Onorevoli colleghi, senza questa tenace lotta della classe lavoratrice - lotta che inizia dagli anni '20 e termina il 25 aprile 1945 - non sarebbe stata possibile la Resistenza, senza la Resistenza la nostra patria sarebbe stata maggiormente umiliata dai vincitori e non avremmo avuto la Carta costituzionale e la Repubblica.
Protagonista è la classe lavoratrice che con la sua generosa partecipazione dà un contenuto popolare alla guerra di Liberazione.
Ed essa diviene, così, non per concessione altrui, ma per sua virtù soggetto della storia del nostro paese. Questo posto se l'è duramente conquistato e non intende esserne spodestata.
Ma, onorevoli colleghi, noi non vogliamo abbandonarci ad un vano reducismo. No. Siamo qui per porre in risalto come il popolo italiano sappia battersi quando è consapevole di battersi per una causa sua e giusta; non inferiore a nessun altro popolo.
Siamo qui per riaffermare la vitalità attuale e perenne degli ideali che animarono la nostra lotta. Questi ideali sono la libertà e la giustizia sociale, che - a mio avviso - costituiscono un binomio inscindibile, l'un termine presuppone l'altro: non può esservi vera libertà senza giustizia sociale e non si avrà mai vera giustizia sociale senza libertà.
E sta precisamente al Parlamento adoperarsi senza tregua perché soddisfatta sia la sete di giustizia sociale della classe lavoratrice. La libertà solo così riposerà su una base solida, la sua base naturale, e diverrà una conquista duratura ed essa sarà sentita, in tutto il suo alto valore, e considerata un bene prezioso inalienabile dal popolo lavoratore italiano.
1 compagni caduti in questa lunga lotta ci hanno lasciato non solo l'esempio della loro fedeltà a questi ideali, ma anche l'insegnamento d'un nobile ed assoluto disinteresse. Generosamente hanno sacrificato la loro giovinezza senza badare alla propria persona.
Questo insegnamento deve guidare sempre le nostre azioni e la nostra attività di uomini politici: operare con umiltà e con rettitudine non per noi, bensì nell'interesse esclusivo del nostro popolo.
Onorevoli colleghi, questi in buona sostanza i valori politici, sociali e morali dell'antifascismo e della Resistenza, valori che costituiscono la «coscienza antifascista» del popolo italiano.
Questa «coscienza» si è formata e temprata nella lotta contro il fascismo e nella Resistenza, è una nostra conquista, ed essa vive nell'animo degli italiani, anche se talvolta sembra affievolirsi. Ma essa è simile a certi fiumi il cui corso improvvisamente scompare per poi ricomparire più ampio e più impetuoso. Così è «la coscienza antifascista» che sa risorgere nelle ore difficili in tutta la sua primitiva forza.
Con questa coscienza dovranno sempre fare i conti quanti pensassero di attentare alle libertà democratiche nel nostro paese.
Non permetteremo mai che il popolo italiano sia ricacciato indietro, anche perché non vogliamo chele nuove generazioni debbano conoscere la nostra amara esperienza. Per le nuove generazioni, per il loro domani, che è il domani della patria, noi anziani ci stiamo battendo da più di cinquant'anni.
Ci siamo battuti e ci battiamo perché i giovani diventino e restino sempre uomini liberi, pronti a difendere la libertà e quindi la loro dignità.
Nei giovani noi abbiamo fiducia.
Certo, vi sono giovani che oggi «contestano» senza sapere in realtà che cosa vogliono, cioè che cosa intendono sostituire a quello che contestano. Contestano per contestare e nessuna fede politica illumina e guida la loro «contestazione». Oggi sono degli sbandati, domani saranno dei falliti.
Ma costoro costituiscono una frangia della gioventù, che invece si orienta verso mete precise e che dà alla sua protesta un contenuto politico e sociale. Non a caso codesta gioventù si sente vicina agli anziani antifascisti ed ex partigiani, dimostrando in tal modo di aver acquisito gli ideali che animarono l'antifascismo e la Resistenza.
E da questi ideali essi traggono la ragione prima della loro «contestazione» per una democrazia non formale, ma sostanziale; per il riscatto da ogni servitù e per la pace nel mondo.
Ecco perché noi anziani guardiamo fiduciosi ai giovani e quindi al domani del popolo italiano.
Ad essi vogliamo consegnare intatto il patrimonio politico e morale della Resistenza, perché lo custodiscano e non vada disperso; alle loro valide mani affidiamo la bandiera della libertà e della giustizia perché la portino sempre più avanti e sempre più in alto. Viva la Resistenza!

domenica 21 febbraio 2010

ANPI Nazionale: Relazione di Raimondo Ricci al Consiglio Nazionale 19-21 Febbraio 2010


Relazione del Presidente Raimondo Ricci
al Consiglio Nazionale ANPI
(Cervia – 19/21 Febbraio 2010)


Care compagne e cari compagni,
ritengo opportuno nell’introdurre questa riunione del Consiglio Nazionale dell’ANPI - organo consultivo della nostra Associazione previsto dall’art. 7 dello Statuto - partire da quanto è stato esaminato e discusso in questa sorta di attivo generale della nostra Associazione nella precedente riunione svolta in questo stesso comune di Cervia, circa un anno e tre mesi orsono.
Questo riferimento è utile per dare continuità all’impegno dell’ANPI di fronte a una situazione politica in movimento rispetto alla quale possono eventualmente essere necessarie nuove valutazioni ed eventuali conferme, aggiornamenti e persino modifiche dell’iniziativa associativa.
Non sono naturalmente in discussione le linee politiche generali alle quali la nostra Associazione deve ispirarsi nell’attuale gravissima fase che il nostro Paese attraversa; politiche che possono essere riassunte parafrasando le parole usate nel precedente Consiglio Nazionale di Cervia e ancor prima nella riunione del Comitato Nazionale del 4 giugno del 2008, parole che riprendono il dovere della nostra Associazione di intervenire politicamente al fine di garantire la vigile tutela dell’identità democratica del nostro Paese e l’attuazione dei principi fondamentali e delle regole affermati e codificati nella nostra Costituzione, splendido e lungimirante frutto della Lotta di Liberazione Nazionale contro i totalitarismi fascista e nazista.
L’ANPI, va ripetuto, non può e non deve trasformarsi in un partito politico, ma deve esercitare un ruolo di coscienza critica dei partiti, così di maggioranza come di opposizione, e del loro agire politico, essenzialmente nel senso del rispetto della nostra Carta fondamentale, a cominciare dai profili di trasparenza e correttezza che ne sono la fondamentale ispirazione.
Nell’anno 2008 abbiamo sottolineato la gravità della crisi economica generale e il suo grave impatto sui lavoratori, sulle loro famiglie, sui giovani, ponendo in luce l’irresponsabilità del governo nel minimizzare la situazione specialmente attraverso le dichiarazioni del premier; abbiamo criticato i provvedimenti in materia di sicurezza, di sistema formativo dei giovani (scuola e Università), del trattamento degli immigrati tale da aprire la strada a pulsioni razziste. Abbiamo criticato le iniziative del governo nella reiterata proposizione di leggi “ad personam” facenti leva sul sistema giustizia come nemico della politica. Abbiamo denunciato l’iniziativa della maggioranza di governo nella manipolazione della Costituzione per mutarne profondamente essenziali principi in direzione della trasformazione della nostra democrazia da sistema parlamentare in sistema autoritario.
Sotto questo ultimo profilo va ricordato e precisato che la nostra Associazione ha contribuito in modo concreto ed efficace ad annullare, attraverso il referendum del 25-26 Giugno 2006, lo stravolgimento costituzionale operato a livello parlamentare in modo unilaterale dalla maggioranza di centrodestra; uno stravolgimento essenzialmente fondato sull’indebolimento o sotto alcuni aspetti la vera e propria delegittimazione delle istituzioni di garanzia e controllo previste dalla nostra Carta fondamentale.

A distanza di poco più di un anno dalla precedente riunione del Consiglio Nazionale possiamo affermare che la realtà italiana è ulteriormente peggiorata in modo tale che oggi ci troviamo in una gravissima situazione avviata verso un graduale mutamento di regime.
Situazione nella quale non sono certo edificanti le vicende relative a comportamenti personali del premier che non si addicono a chi esercita alte funzioni direttive in un sistema che come quello democratico deve per sua natura essere trasparente ed esemplare, tanto che in altre democrazie più antiche e consolidate della nostra, situazioni analoghe avrebbero comportato, e in alcuni casi hanno comportato, la necessità di dimissioni; ma anche a tralasciare questo aspetto della realtà politica del nostro Paese, ci troviamo oggi in presenza di iniziative e attività di governo che ulteriormente segnalano una deriva che sempre più si allontana dal perseguimento di quel bene comune e responsabile della nostra comunità nazionale che dovrebbe essere perseguito nelle forme e nei limiti della Costituzione vigente, forme e limiti che soprattutto in un momento grave e difficile come quello che, a causa della crisi globale, il mondo intero sta attraversando, si rendono particolarmente necessari.
Desidero essenzialmente riferirmi a due questioni fondamentali: quella del lavoro che vede il progredire di una drammatica crisi in vasti strati della popolazione italiana e quella dei rapporti tra giustizia e politica sui quali sono radicati i fondamenti stessi dello stato di diritto.
Nel sempre più virulento attacco del governo alla Costituzione, non è stato dimenticato nemmeno il tema del lavoro se si pensa che un ministro della Repubblica, ripeto un ministro della Repubblica, ha osato mettere in discussione persino l’articolo 1 della Costituzione stessa, da sempre e da tutti i cittadini considerato sacro e inviolabile. Con una leggerezza degna di miglior causa, il ministro Brunetta ne ha sostenuto la vacuità e ha avanzato la proposta di modificare il principio “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
Questa temerarietà non deve sorprendere se si considera che questo governo e lo schieramento politico che lo sostiene non solo non hanno mai mostrato alcuna attenzione ai ceti più deboli ma hanno promosso la mercificazione del lavoro e tutelato per contro i grandi patrimoni. Infatti da un lato la legislazione sul lavoro e i comportamenti conseguenti hanno assecondato il diffondersi del precariato, dall’altro la legislazione fiscale, segnatamente provvedimenti come lo scudo fiscale, ha favorito gli evasori e i detentori di redditi cospicui. Anche il proposito annunciato di riformare la tassazione dei redditi, introducendo due sole aliquote va in questa stessa direzione.
L’inconsistenza dell’iniziativa di governo di fronte all’incalzare della crisi, ancor più la reiterata negazione della sua stessa esistenza, stanno producendo ferite gravissime nel tessuto sociale attraversato da difficoltà crescenti che stanno toccando livelli di drammaticità fino ad oggi sconosciuti.

Il crac finanziario internazionale, lungi dall’aver esaurito i suoi effetti, si ribalta sull’economia reale e trova il nostro Paese del tutto impreparato sul fronte del sostegno alle imprese, specie di piccole dimensioni, e soprattutto sul fronte della difesa del lavoro e dei lavoratori. I dati sono sempre più preoccupanti: oltre 2 milioni di disoccupati, una percentuale che è tornata sopra le due cifre, un ricorso alla cassa integrazione che ha raggiunto dimensioni impressionati, ma soprattutto i giovani alla ricerca di prima occupazione, in particolare al Sud, in condizioni disperate, del tutto privi di prospettive e speranze. Non possiamo non manifestare allarme per la tenuta del quadro sociale e la disgregazione di un capitale umano e di un tessuto occupazionale che rappresentano o dovrebbero rappresentare proprio il “fondamento” della nostra Repubblica in forza di quella Costituzione che non a caso si vorrebbe violentare.
Naturalmente vogliamo esprimere la nostra solidarietà ai lavoratori e alle famiglie che si battono, anche attraverso forme di protesta inusuali e disperate, per evitare la chiusura delle fabbriche. E naturalmente siamo vicini alle molte famiglie colpite dal lutto a causa dell’inarrestabile dramma degli infortuni sul lavoro, cui si sono aggiunti di recente casi di gesti estremi a causa della perdita del lavoro, a dimostrazione del fatto che si stanno superando i limiti di guardia. Quel che più preoccupa è l’indifferenza del governo, la sua incapacità di “leggere” la situazione, di capire i drammi umani che stanno attraversando il Paese, il crogiolarsi nella falsa affermazione che “il peggio è passato” che tutto si risolve se si torna a “consumare”, se si torna ad avere fiducia come se la fiducia non dovesse essere il risultato dell’iniziativa politica ma un ingrediente di natura mediatica. Ma quale fiducia possono avere i lavoratori, quale speranza i giovani di fronte all’assoluta assenza di un progetto sul presente e sul futuro? Un progetto che oggi più che mai, lo diciamo con forza noi che siamo avanti negli gli anni, dovrebbe essere basato su un patto di solidarietà tra le generazioni e su una coesione sociale che propone come obiettivo principale la difesa delle classi deboli e l’affermazione della giustizia sociale. Ci domandiamo se su tutti questi aspetti non sia necessario un vero e proprio risveglio delle coscienze tale da rendere tutti i cittadini italiani, donne e uomini, anziani e giovani, consapevoli del degrado verso il quale sta andando la nostra collettività nazionale e quindi della necessità di recuperare quei valori di solidarietà e di coesione sociale, quella capacità di conoscere ed interpretare al di là delle strumentali rappresentazioni mediatiche alle quali questo governo di centro destra ricorre, l’essenza vera della profonda crisi che l’intera nazione sta vivendo.

Siamo di fronte ad una crisi di regime dalla quale si esce o recuperando i valori della Costituzione o con una rottura i cui esiti non sono prevedibili ma comunque comportano un mutamento di regime.
Questa realtà appare in tutta la sua evidenza nei problemi del lavoro che hanno una indiscutibile valenza sociale accanto ai quali vanno presi in esame quelli riguardanti il rapporto che questa destra intende stabilire tra potere politico e giustizia.
L’anno appena trascorso ha purtroppo visto accentuarsi - e raggiungere livelli allarmanti - la già preoccupante deriva che ormai da tempo coinvolge tutte le istituzioni di garanzia del Paese - prima di ogni altra la giurisdizione - e corrode i fondamenti dello stato di diritto delineati dalla Costituzione repubblicana.
Due vicende emblematiche valgono per tutte.
Il 3 ottobre 2009 il Tribunale di Milano in composizione monocratica ha condannato la Fininvest a risarcire alla Cir i danni sofferti per la corruzione del giudice Metta ed il conseguente condizionamento del giudizio relativo al cosiddetto Lodo Mondatori. A tale sentenza ha fatto seguito un’aggressione mediatica senza precedenti nei confronti del giudice, pesantemente attaccato sul piano personale dal presidente del Consiglio - dominus della Fininvest e quindi parte soccombente in giudizio - additato come versore dai capigruppo parlamentari della maggioranza, proposto infine come vero e proprio bersaglio - con indicazione di indirizzo e numero di telefono - da un quotidiano di proprietà della famiglia del premier, fatto infine oggetto di pedinamento con conseguente servizio televisivo gratuitamente irridente e offensivo da parte di una rete televisiva anch’essa di proprietà del premier.
A nessuno può sfuggire il chiaro intento intimidatorio di questa campagna: siano avvertiti i giudici dei gradi successivi di giudizio e quelli che per disavventura dovessero essere preposti ad analoghi processi. Ecco cosa accadrà loro in caso di decisioni “sgradite”.
Trascorrono pochi giorni e la Corte Costituzionale, con la nota sentenza n. 262, dichiara l’illegittimità del cosiddetto Lodo Alfano. Appena appreso il verdetto, il presidente del Consiglio accusa la Corte di aver agito per fini di parte, violando spudoratamente anche il segreto della camera di consiglio, e contestando addirittura il Capo dello Stato per non aver fatto pressioni sufficienti sui giudici.
Come conseguenza delle sentenze sopra citate, si è scatenata una pretesa campagna riformatrice della giustizia penale e dell’ordinamento giudiziario il cui vero obiettivo è quello di liberare il presidente del Consiglio dai suoi guai giudiziari, mentre sul piano dell’efficienza del servizio giustizia e della tutela dei cittadini gli interventi proposti non sono solo incongrui ma devastanti in rapporto alle questioni reali.
In tale ambito rientrano la prospettata drastica limitazione delle intercettazioni ambientali e telefoniche di cui - a prescindere dalla riduzione delle ipotesi di reato che le consentono - si snatura totalmente la funzione, rendendole sostanzialmente strumento di conferma di prove già acquisite piuttosto che veicolo di ricerca delle prove; così come gli irragionevoli limiti alla discrezionalità del giudice nella direzione del processo con particolare riguardo all’ammissione dei mezzi di prova; la trasformazione del pubblico ministero in avvocato della polizia cui è precluso ogni potere di iniziativa nella ricerca delle notizie di reato; l’aumento delle possibilità di ricusazione del giudice.
Addirittura devastante - poi - per l’intero impianto del processo penale si profila il disegno di legge sul cosiddetto processo breve, di recente approvato al Senato. Solo una massiccia dose di superficialità può far ritenere tale riforma l’attuazione dei principi di cui al novellato art. 111 della Costituzione. In realtà le norme transitorie - sulla cui costituzionalità sono stati avanzati autorevoli dubbi - comporterebbe la certezza dell’estinzione dei più delicati procedimenti pendenti in tema di criminalità economica, pubblica amministrazione ed infortunistica sul lavoro. Si tratterebbe - in buona sostanza - di una vera e propria amnistia mascherata, ricomprendente anche reati che abitualmente - per il loro impatto sociale - sono sempre stati esclusi da tale provvedimento di clemenza. Prevedibilmente, inoltre, la denegata giustizia per molte persone offese nel settore penale darebbe luogo ad un sensibile aumento del già inflazionato contenzioso civile.
A regime la nuova normativa determinerebbe inevitabilmente un’accentuata discrezionalità nell’esercizio dell’azione penale ben lontana – quindi - dal modello delineato dall’art. 112 della Costituzione in forza del quale l’iniziativa penale è obbligatoria.
Ancora una volta, invece di profondere ogni impegno possibile affinché la giustizia possa essere amministrata nel solco dei principi costituzionali, si scelgono soluzioni lontane da tali principi.
Sempre più il processo penale diverrebbe funzionale alla sola soppressione della devianza marginale mentre mostrerebbe la sua inadeguatezza a fronteggiare i diffusi fenomeni di illegalità che permeano settori rilevanti dell’economia e delle pubblica amministrazione.

In tale contesto si profilano come assolutamente inquietanti i ricorrenti tentativi di delegittimazione delle doverose iniziative della magistratura requirente volte al controllo della legalità dell’operato dei pubblici poteri. È inammissibile che il capo dell’esecutivo possa sostenere che i magistrati, in quanto pubblici dipendenti pagati con i soldi del contribuente, non siano tenuti a indagare su vicende relative agli appalti per le grandi opere pubbliche e che addirittura si profilino provvedimenti legislativi che stabiliscono la sospensione dei procedimenti pendenti e il divieto di riaprire procedimenti penali nei confronti delle strutture commissariali dell’emergenza che fanno capo al governo, come di recente si è verificato in relazione alle inchieste che vedono coinvolti alti funzionari della Protezione civile. Appare evidente dunque che ci troviamo nel pieno di una deriva autoritaria del tutto configgente con i principi dello stato di diritto.
Alla luce delle considerazioni svolte, cui molte altre concomitanti potrebbero aggiungersi entrando maggiormente nel dettaglio, che quasi ogni giorno la realtà pone sotto i nostri occhi, emerge un quadro negativo che non può rimanere senza risposta da parte del nostro popolo a pena di degrado e di imbarbarimento. Io desidero quindi concludere questa mia relazione inviando un appello a tutti coloro, partigiani e antifascisti, anziani e giovani, che militano nella nostra Associazione affinché si rendano, affinché tutti insieme ci rendiamo, in modo fraterno e condiviso, sempre più consapevoli del ruolo che possiamo svolgere nell’interesse della nostra Patria e dell’Unione Europea di cui essa fu uno degli stati fondatori. La nostra interna unità, il nostro impegno comune e condiviso sono fattori indispensabili e determinanti per il successo del ruolo che intendiamo svolgere. Sono convinto che nessuno di noi ritiene di dover esercitare questo ruolo in vista di vantaggi o privilegi personali: così come è stato quando abbiamo deciso di entrare nelle file della Resistenza, e quando i più giovani hanno deciso di entrare a far parte dell’Anpi perché condividono gli ideali e i valori della Lotta di Liberazione Nazionale, che ci ha motivato e ci motiva oggi, ideali e valori che sono il bene e il progresso della nostra Patria, con sentire comune che non vuole ricompense.
Per questo nei tempi della violenza e della guerra hanno donato la propria vita tanti compagni e compagne. Il nostro impegno deve svolgersi nelle forme della democrazia, della persuasione, dell’appello alla verità e al senso della nostra storia. Condanniamo ogni ricorso alla violenza come abbiamo dimostrato, ad esempio, associandoci senza se e senza ma alla condanna dell’aggressione fisica compiuta nello scorso dicembre a Milano nei confronti di Berlusconi.
Noi siamo convinti che con la politica di questa destra che fa ormai da anni, in modo sempre più spregiudicato, del populismo il proprio strumento e dell’autoritarismo il proprio traguardo, non sono possibili né auspicabili compromessi che sarebbero comunque destinati a cocenti delusioni.
Intendiamo invece rivolgerci alla coscienza critica di tutti gli Italiani, e anche a coloro che militano al centrodestra ma non sono insensibili ai richiami di una democrazia compiuta affinché diano un contributo concreto alla creazione, alla maturazione, di un’alternativa di governo.
In questo impegno deve accompagnarci nonostante tutto, la concreta possibilità di prospettiva di un successo. Il mondo della cultura, i maggiori esponenti dell’università e della ricerca, le personalità che comunque costituiscono l’intellighenzia del nostro paese non solo deprecano la situazione in cui versa la politica in Italia, ma fanno spesso sentire la propria voce per denunciare i rischi di involuzione che ci minacciano. Il Presidente della Repubblica che interpreta con assoluto rigore il ruolo che la Costituzione gli attribuisce è un punto di riferimento fondamentale nel porre argine allo stravolgimento della nostra democrazia, e tutto ciò costituisce motivo di fiducia.

Tocca ora ai partiti di opposizione che incarnano diverse sensibilità e visioni politiche di trovare le ragioni della propria unità come strumento indispensabile per salvare l’Italia e ricondurla sulla strada maestra del rispetto e dell’attuazione costituzionale.
È nostra intenzione dare un contributo a questa prospettiva, a cominciare dal sostegno delle forze progressiste nelle prossime imminenti elezioni regionali e, subito dopo di esse, a livello più generale dell’intero nostro paese, chiamando alla partecipazione tutte le energie positive della nostra Patria.
Da tempo è in atto da parte della nostra Associazione l’impegno a farne un soggetto politico capace di dare un contributo significativo per affrontare positivamente la situazione che ci sovrasta, a questo scopo sono state adottate le decisioni prese nella Conferenza organizzativa di Chianciano. Ciò è avvenuto perché non ci appartiene l’illusione di poter contribuire al superamento dell’attuale crisi attraverso semplici petizioni di principio e manifestazione di intenzioni, che potrebbero rappresentare soltanto un sogno, ma siamo del tutto consapevoli, sulla base dell’esperienza della lotta che abbiamo condotto, non solo durante la fase storica della Liberazione nazionale ma anche dei decenni a essa successivi, che occorre attuare iniziative concrete che riescano a incidere sulla sensibilità e sul patriottismo della maggior parte del nostro popolo, operando quel risveglio delle coscienze al quale abbiamo fatto riferimento.

Una “nuova stagione” dell’ANPI è in costruzione, lo abbiamo detto e lo ribadiamo.
Diverse ANPI hanno visto così un loro forte rilancio come quella di Pistoia. Nel giugno scorso non avevamo iscritti in 3 regioni ed in 29 Province del Sud soprattutto. Ora ne abbiamo in tutte le regioni d’Italia. E in 12 province, delle 29 in cui l’ANPI a giugno non c’era, è in corso il tesseramento. Si sta poi operando per costituire i Comitati Provinciali e le Sezioni. Ovunque, anche nel Sud, stanno emergendo energie antifasciste e democratiche, come dimostrano le riunioni dei coordinamenti regionali già svolte in Sicilia, Campania, Puglia e Abruzzo.
L’obbiettivo di raggiungere entro il prossimo Congresso Nazionale i 150mila iscritti è possibile. Ciò costituisce soltanto un primo risultato dopo quella modifica statutaria con la quale nel 2006 abbiamo ufficialmente aperto le porte della nostra Associazione, a determinate condizioni, anche alle forze giovanili.
Sulle concrete prospettive qui delineate porterà un sintetico contributo la nostra Segreteria nazionale attraverso il programmato intervento di Luciano Guerzoni.
Momento importante di bilancio e rilancio compiuto dell’ANPI sarà infine costituito dai lavori del nostro prossimo Congresso Nazionale dell’Associazione, che il nostro Comitato Nazionale ritiene debba svolgersi nella prima metà di febbraio 2011, onde consentire un’adeguata preparazione di questo nostro fondamentale appuntamento. Chiediamo al Consiglio Nazionale di esprimersi consultivamente su questa prospettiva.
A nome del Comitato Nazionale chiudo questa mia relazione con l’augurio e la fiducia che la memoria dell’esperienza vissuta intorno alla metà del secolo scorso, e oltre, di cui noi siamo testimoni e custodi, costituisca, nei suoi esiti positivi, il ritrovato punto di riferimento per il presente e il futuro dell’Italia.

sabato 20 febbraio 2010

venerdì 12 febbraio 2010

ANPI Nazionale: 1° Maggio 2010 a Portella della Ginestra per l'Antifascismo e l'Antimafia


Il dovere della memoria, il futuro dei diritti: l’antifascismo e la lotta alla mafia per la prima volta insieme il 1° Maggio a Portella della Ginestra

Portella della Ginestra ha ancor oggi il volto e il sangue di una generazione disperata, privata di diritti, lavoro e democrazia.
Ha il profilo inquietante di un emblematico buco nero della giustizia, della responsabilità collettiva, istituzionale. Politica. La prima strage nell’era repubblicana.
Tra i monti di Portella si intrecciano storie diverse: da un lato ambienti deviati dello Stato che si coniugano agli interessi degli agrari, della mafia e del banditismo in un unico progetto reazionario e criminale. Dall’altro i lavoratori della terra, in festa per il 1° maggio, con il cuore pieno di ansia di progresso e la voglia di cambiare il loro mondo. Il fuoco assassino spegne la vita di 12 di loro e tenta di cancellarne le speranze.
Portella della Ginestra ha passato, e reclama futuro.
Il 1° maggio 2010, 63 anni dopo, per la prima volta nella tradizione delle iniziative commemorative, la lotta alla mafia s’incontrerà con l’antifascismo e la Resistenza: nel corteo e sul palco degli interventi accanto alla CGIL, ci sarà l’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Il segno, il simbolo di un impegno comune: la memoria diffusa del sacrificio più alto, la libertà, il lavoro, la dignità. E il loro domani.
Per un’Italia migliore. Delle radici: Resistenza, Costituzione, Democrazia.

A.N.P.I. Nazionale
CGIL Palermo

giovedì 11 febbraio 2010

ANPI Nazionale: Adesione alla Marcia della Pace Perugia Assisi del 16 Maggio 2010


Roma, 10 febbraio 2010

L’ANPI aderisce e parteciperà alla Marcia per la pace Perugia-Assisi del 16 maggio prossimo, condividendo pienamente e appassionatamente l’appello della Tavola della Pace, promotrice dell’iniziativa, per “un’altra cultura”: apertura agli altri, dialogo, rispetto dei diritti umani, lavoro, cooperazione.
Una rinnovata stagione di democrazia. Di dovere civile diffuso. “Se davvero desideriamo la pace, per noi e i nostri figli, non possiamo negarla agli altri” – recita ancora l’appello – “Ciascuno faccia i conti con le proprie responsabilità”. I partigiani e gli antifascisti ci sono.

LA SEGRETERIA NAZIONALE ANPI

ANPI Nazionale: Adesione a fare del 2 Giugno la Giornata della Costituzione


Roma, 10 febbraio 2010

L’A.N.P.I. aderisce all’appello di Libertà e Giustizia, a firma di Valerio Onida e Gustavo Zagrebelsky, per dedicare la Festa del 2 giugno alla Costituzione. Invita inoltre tutti i democratici e gli antifascisti a sostenerlo e si impegna ad attivare le sue strutture per diffonderlo e contribuire alla sua riuscita. La Costituzione è garanzia di unità, ha retto il Paese per 60 anni e la minaccia di scardinarne addirittura i principi che la fondano va contrastata con tutte le forze e le intelligenze possibili. E’ l’ora della responsabilità collettiva.

PRESIDENZA E SEGRETERIA NAZIONALE ANPI




2 GIUGNO: FESTA DELLA REPUBBLICA E DELLA COSTITUZIONE

Valerio Onida e Gustavo Zagrebelsky, presidenti emeriti della Corte costituzionale firmano a nome dell'Ufficio di Presidenza e dei Garanti di Libertà e Giustizia questa proposta per un rinnovato patriottismo costituzionale.

La Costituzione è stata ed è tuttora segno di unità del paese: i principi e i valori della democrazia repubblicana in essa espressi, in coerenza con la storia e gli sviluppi più maturi del costituzionalismo internazionale contemporaneo, sono un patrimonio in cui gli italiani si ritrovano. Patrimonio tanto più prezioso in quanto il pluralismo sociale, culturale e politico delle società di oggi suscita nuove linee di tensione e sollecita l’esigenza di riconoscere e ricostruire, al di là delle differenze, una identità collettiva condivisa, che solo nella comune adesione ai principi costituzionali può trovare fondamento.
Per questo Libertà e Giustizia, che considera fra i propri scopi fondamentali quello di concorrere a salvaguardare tale patrimonio e a promuovere l’attuazione della Costituzione, suggerisce che sia assunta, da un arco più ampio possibile di associazioni, gruppi e istituti culturali, l’iniziativa di proporre una legge che, modificando e integrando quanto oggi previsto (legge n. 260 del 1949, legge n. 336 del 2000), stabilisca che la festività nazionale del 2 giugno sia proclamata “Festa della Repubblica e della Costituzione”.
La festa nazionale verrebbe così arricchita con il riferimento al documento che ha dato corpo e contenuto alla Repubblica di tutti gli italiani. Alla tradizionale parata militare di Roma si potrebbe accompagnare, in molte città, una manifestazione civile in cui si celebri concretamente la Costituzione, anche dando seguito ai programmi che sono stati promossi nelle scuole su questo tema.
L’iniziativa sarebbe nel solco della tradizione. Si può ricordare che all’epoca del Regno d’Italia la festa nazionale, celebrata la prima domenica di giugno, coincideva con l’anniversario dello Statuto albertino, cioè della prima Costituzione dell’Italia unita. L’Assemblea costituente, a sua volta approvò un ordine del giorno che dichiarava “il 2 giugno di ogni anno Festa nazionale della Repubblica italiana” allo scopo “di solennizzare l’avvento della Costituzione repubblicana e di celebrare i principi politici e sociali che sono a fondamento di essa”.

mercoledì 10 febbraio 2010

Dell'Utri che legge i diari di Mussolini rappresenta uno schiaffo a una terra legata all'antifascismo ed alla legalità


Martedì 9 Febbraio 2010

Dell'Utri che legge i diari di Mussolini rappresenta uno schiaffo a una terra legata all'antifascismo ed alla legalità

Dichirazazione di: A.N.P.I., Popolo Viola, ARCI, Libera, Sinistra Ecologia Libertà, Partito Democratico, Federazione della Sinistra

La facilità con la quale poter sollevare un dibattito sulle letture del senatore Dell’Utri, dei diari segreti di Mussolini è semplicemente disarmante. “Vi piace vincere facile”, così ci ammonirebbe qualsiasi paese culturalmente avanzato, quale dovrebbe essere il nostro. Proviamo solo a immaginare un politico della destra tedesca che all’interno di un’iniziativa politica legge dei passi tratti dai diari segreti di Hitler. Semplicemente non potrebbe succedere, neanche se si nascondesse sotto le mentite spoglie del miglior bibliografo tedesco.
Purtroppo oggi ciò che è lapalissiano, nel nostro paese è sotterrato da uno spesso strato di menzogne e disinformazione.
Crediamo che persino tra i simpatizzanti del centro destra siano in molti a non riuscire a nascondere un certo imbarazzo di fronte a una pantomima grottesca. Alcune cose sono palesi e necessitano di un analisi solo superficiale perché quella analitica, per noi, l’ha già sviluppata la V sezione penale del Tribunale di Palermo, nell’11 dicembre 2004 condannando in primo grado Marcello Dell'Utri a 9 anni di reclusione più 2 anni di libertà vigilata più l'interdizione perpetua dai pubblici uffici per concorso esterno in associazione mafiosa e il suo coimputato Gaetano Cinà, uomo d'onore della famiglia di Malaspina, a 7 anni per associazione mafiosa. Chiunque può trovare il testo della sentenza su internet. Ci scuserete se noi ingenui prendiamo per vera la sentenza di un tribunale penale che ha accertato il concorso esterno in associazione mafiosa di Marcelllo Dell’Utri. La penseremo così almeno fino a quando una sentenza d’appello non smonterà l’accusa. Eppure in Italia e nella nostra città i sostenitori del senatore Dell’Utri, non solo non evitano di parlare delle sue vicissitudini legali, che se pur bieco come comportamento, perlomeno gli eviterebbe di cadere nel ridicolo nel momento in cui costruiscono, nei tribunali della loro fantasia, una difesa priva di fondamento. Lo fanno citando, ad esempio, un pentito come Gaspare Spatuzza, facendoci credere che sia l’unico folle accusatore di Dell’Utri. Così non è e lo dimostrano le 1700 pagine della sentenza del 2004 e le decine di testimonianze di pentiti e non, che molto di più hanno detto rispetto alle opinabili affermazioni dello Spatuzza smentito dal Graviano, ma quello sbagliato. E’ una verità incontrovertibile che nel 1974 Dell’Utri si trasferisce a Milano come segretario particolare di Berlusconi e che chiami come "stalliere" Vittorio Mangano, mafioso palermitano della famiglia di Porta Nuova condannato all'ergastolo per mafia, che il 24 ottobre 1976 Dell'Utri si trova insieme a Mangano e ad altri mafiosi alla festa di compleanno del boss catanese Calderone, al ristorante "Le Colline Pistoiesi" di Milano e che il 5 maggio 1980 Mangano è arrestato da Giovanni Falcone per traffico internazionale di droga e resterà in carcere per 11 anni. E’ dimostrato nelle migliaia di pagine e nelle innumerevoli testimonianze che il senatore Dell’Utri abbia intessuto rapporti profondi e continui con importanti esponenti della mafia. Alcune sembrano vere e proprie leggende, come quella dello stalliere, delle bombe messe in amicizia, dei due cavalli e mezzo in un albergo. Altre sono semplicemente rilevazioni che poco lasciano all’immaginazione, se non la negazione della realtà e le elucubrazioni fantastiche di veri ciechi che non vogliono vedere. E’ assolutamente strumentale prendere in esame le dichiarazioni di Spatuzza, attendere col fiato sospeso quelle eventuali dei fratelli Graviano, invocare "i riscontri" alle parole di un pluriomicida. Chi ce lo racconta mente sapendo di farlo; sa benissimo che da 15 anni decine di mafiosi pentiti e di semplici testimoni hanno parlato dei rapporti fra Dell’Utri, Berlusconi e Cosa Nostra.

Alla luce di tutto questo esprimiamo sconcerto di fronte a un personaggio che, con questo curriculum alle spalle, porta avanti anche una bieca operazione di revisionismo attraverso la lettura dei diari di Mussolini, sul quale pensavamo che la storia avesse già detto tutto, dandoci l’illusione della formazione di una memoria condivisa.

La cosa è tanto più grave perchè in un territorio di forte tradizione antifascista e che ha vissuto sulla pelle dei propri cittadini la barbarie del nazifascismo.

martedì 9 febbraio 2010

FASCIST LEGACY: l'Eredità Fascista (documentario inedito)



Documentario “Fascist Legacy: l'eredità fascista”
Fascist Legacy ("L'eredità del fascismo" o anche “L’eredità fascista”) è un documentario sui crimini di guerra commessi dal regime fascista e dall’esercito italiano durante la Seconda Guerra Mondiale, nelle colonie in Africa e durante l’occupazione della Jugoslavia.
Prodotto dalla BBC nel 1989, è stato trasmesso per la prima volta in Italia, anche se solo in parte, nel 2003 su La7 (reperibile su youtube).
La RAI acquistò una copia del programma, che però non fu mai mostrato al pubblico.
Il documentario, diretto da Ken Kirby, mostra i crimini fascisti in Libia e in Etiopia, tentando di ricostruisce le terribili vicende che accaddero nel corso della guerra di conquista coloniale fascista, e cerca di spiegare le ragioni per le quali i responsabili militari e politici fascisti - colpevoli dei crimini - non sono stati condannati ai sensi del codice del Tribunale Militare Internazionale di Norimberga, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Racconta poi dell’occupazione italiana fascista della Jugoslavia tra gli anni 1941 e 1943 (quindi della Slovenia, della Dalmazia, della Croazia e del Montenegro) e dei campi di concentramento fascisti per jugoslavi in Italia (i principali Gonars e Kampor sull’isola di Rab, ma vale la pena citare anche Visco, Monigo, Renicci, Cairo Montenotte, Colfìorito, Fraschette di Alatri).
“Fascist Legacy” squarcia il velo su quegli anni oscuri, sulle responsabilità del nostro esercito e delle autorità fasciste in quelle realtà. Si ascolta la celebre frase del generale Robotti che, nel lamentare la scarsa efficacia repressiva delle operazioni militari dei suoi reparti, scrisse: “qui si ammazza troppo poco”; della circolare 3C del generale Roatta, che autorizzava le truppe italiane a violare la convenzione di Ginevra nelle rappresaglie contro la popolazione sospettata di fiancheggiare i partigiani; della frase indirizzata ai soldati della seconda armata di stanza in Dalmazia da Benito Mussolini, durante la sua unica visita in quell’area: “So che a casa vostra siete dei buoni padri di famiglia, ma qui voi non sarete mai abbastanza ladri, assassini e stupratori.” Particolarmente crudele è stata la repressione delle milizie fasciste italiane nella guerriglia antipartigiana in Montenegro.
Tali azioni vengono mostrate con ottima ed esclusiva documentazione filmata di repertorio e con testimonianze registrate sui luoghi storici.
Conduttore del film è lo storico americano Michael Palumbo, autore del libro “L’olocausto rimosso”, edito - in Italia - da Rizzoli.
Nel film vengono intervistati - fra gli altri - gli storici italiani Angelo Del Boca, Giorgio Rochat, Claudio Pavone e lo storico inglese David Ellwood.



DOCUMENTO INCOMPLETO (solo prima parte, circa 45 minuti) CON AUDIO BUONO


Fascist Legacy: audio buono parte 1









Fascist Legacy: audio buono parte 2









Fascist Legacy: audio buono parte 3









Fascist Legacy: audio buono parte 4









Fascist Legacy: audio buono parte 5













DOCUMENTO COMPLETO (90 minuti circa) CON AUDIO SCADENTE


Fascist Legacy: parte 1






Fascist Legacy: parte 2






Fascist Legacy: parte 3






Fascist Legacy: parte 4






Fascist Legacy: parte 5






Fascist Legacy: parte 6






Fascist Legacy: parte 7






Fascist Legacy: parte 8






Fascist Legacy parte 9






Fascist Legacy: parte 10






Fascist Legacy: parte 11




sabato 6 febbraio 2010

Corteo neofascista di Casa Pound a Torino. “Nessuno spazio ai fascisti”



Corteo neofascista di Casa Pound a Torino. “Nessuno spazio ai fascisti”
di Andrea Doi, Nuovasocietà


Domani sarà una giornata molto particolare per Torino. I neofascisti di Casa Pound hanno indetto per le 18.30 una fiaccolata per ricordare le vittime delle foibe. Alle 18.30 si daranno appuntamento in piazza Cirene, all'altezza con via Pianezza angolo via Pietro Cossa.
Per chi non lo sapesse i militanti di Casa Pound non hanno mai negato le loro idee fasciste, razziste e xenofobe e, al livello nazionale, sono stati tra gli autori di aggressioni e cariche (circa un anno fa aggredirono a Roma, in piazza Navona, durante un corteo studentesco, i ragazzi dell'Onda studentesca).
Ora, dopo alcune azioni contro la Fiat avvenute nei giorni scorsi, i militanti di Casa Pound hanno deciso di scendere in piazza a Torino, città medaglia d'oro alla Resistenza, proprio alla vigilia delle consultazioni regionali.
Ma la loro iniziativa non è certo passata inosservata.
Infatti i collettivi antifascisti della città hanno deciso di contrastare questa manifestazione dell'estrema destra, organizzando un presidio nella stessa piazza alle 17.
«Casa Pound è stata protagonista in tutta Italia di azioni vigliaccamente squadriste, di aggressioni, sempre venti contro uno, di immigrati, omosessuali e militanti della sinistra -spiegano gli antifascisti torinesi - E' un gruppo dichiaratamente neofascista e razzista. Basti ricordare, non ultima, l'affissione nella nostra città di alcuni stendardi che commemoravano la nascita del duce».
A Torino i militanti dell'estrema destra fanno riferimento al circolo l'Asso di Bastoni, in via Cellini 2 e contano su circa una trentina di iscritti.
Anche all'università hanno cercato di avere una certa visibilità, con l'appoggio dei giovani del FUAN (oggi entrati nelle fila del Popolo delle Libertà), ottenendo però scarsissimi risultati in fatto di aggregazione.
Sempre a livello nazionale Casa Pound Italia appoggia alle regionali i candidati del Pdl. Un esempio su tutti: nel Lazio il movimento di Gianluca Iannone, leader di Casa Pound, ha assicurato che darà un «grosso contributo alla candidatura di Renata Polverini». Non c'è da stupirsi che lo stesso possa avvenire in Piemonte con Roberto Cota.
«Ribadendo la necessità, a Torino come altrove, di non lasciare alcuno spazio a questi sordidi personaggi, scenderemo in piazza anche domani, perché non abbiamo mai delegato e continueremo a non delegare la pratica dell'antifascismo e di difesa dei nostri quartieri, e continueremo a non tollerare la presenza di sedicenti, seppur sparute, squadracce fasciste nelle strade della nostra città» - concludono dai collettivi antifascisti.
Come detto domani in città sarà una giornata particolare, importante, soprattutto in periodo come questo dove revisionismo, negazionismo, razzismo, xenofobia e omofobia stanno diventando parole legali, grazie proprio alle azioni dei neofascisti, appoggiati dai partiti di governo.

venerdì 5 febbraio 2010

Destra all'attacco a Milano: proposta una via ad Almirante


COMUNICATO DELL'A.N.P.I. PROVINCIALE DI MILANO

Si è appreso che in alcuni Consigli di zona, con una coincidenza temporale che difficilmente potrebbe essere considerata casuale, sono state avanzate proposte e mozioni per intitolare strade o piazze di Milano a Giorgio Almirante e in un caso, addirittura per collocare una targa davanti a Villa Triste, in ricordo di Luisa Ferida. Se quest'ultima proposta riveste addirittura il carattere della provocazione, il nome di Almirante evoca fascismo, Salò, guerre e rovine provocate dal regime fascista. Un passato che i cittadini democratici non dimenticano e che appartiene alla parte più cupa e infausta della nostra storia. Le lapidi, i monumenti, i nomi delle vie e delle piazze non possono essere utilizzate per assurde nostalgie o per inammissibili strumentalizzazioni, ma devono servire per ricordare la parte migliore della nostra storia, quella che oggi si esprime in una Carta Costituzionale democratica e antifascista, nelle singole norme e nello spirito di fondo. Non a caso, la disposizione transitoria XII della Costituzione vieta la ricostituzione del partito fascista; e leggi ordinarie, mai abrogate, continuano a vietare l'apologia e l'esaltazione di tutto ciò che è riconducibile al periodo fascista.
L'ANPI respinge con fermezza ogni proposta come quelle sopraindicate e si opporrà con tutte le sue forze a ogni tentativo di deformare la storia e di stravolgere gli insegnamenti che, anche da lapidi e monumenti, parlano ai giovani del nostro più glorioso passato .
L'ANPI rivolge un appello per la mobilitazione e la vigilanza, a tutte le Sezioni, agli iscritti, ai simpatizzanti, ai cittadini antifascisti, a tutte le Associazioni che si richiamano ai princìpi della democrazia, auspicando iniziative che chiariscano cos'è stato il fascismo, quali danni terribili ha provocato, quanti lutti e quali tragedie sono nate dalle leggi razziali e facciano conoscere, a chi la conosce poco, la storia reale del nostro Paese e le lotte per la libertà. Lotte che poi hanno portato alla fine del fascismo e all'approvazione di una Costituzione che indica la strada imprescindibile della democrazia.
L'ANPI rivolge altresì un appello alle forze politiche presenti in Consiglio Comunale e prima di tutto al Sindaco, perché venga sbarrata la strada a queste insane proposte e si ponga in essere una profonda operazione di cultura democratica e antifascista. Non è in gioco una presunta “riappacificazione”: il Paese ha bisogno di chiarezza, di conoscenza della storia, di riaffermazione dei valori fondamentali della nostra convivenza civile, consacrati nella Costituzione, e non di rivendicazioni nostalgiche e di tentativi di forzare a proprio piacimento la nostra storia e il nostro passato.

Milano, 5 febbraio 2010

Il Comitato provinciale A.N.P.I. di MILANO

mercoledì 3 febbraio 2010

ANPI Nazionale: Berlusconi a Tel Aviv inneggia alla Liberazione in modo strumentale



Berlusconi a Tel Aviv inneggia alla guerra di liberazione dal nazifascismo

Prendendo la parola davanti alla Knesset, il Parlamento in Israele, Silvio Berlusconi ha detto che l'Italia "trovò la forza di riscattarsi" dall' "infamia delle leggi razziali di cui si macchiò purtroppo nel 1938" attraverso "la lotta di liberazione dal nazifascismo".
"La dichiarazione di Berlusconi a proposito della guerra di liberazione che ha riscattato l'Italia dal nazifascismo - ha commentato Armando Cossutta, vice presidente vicario dell'ANPI - non mi meraviglia. Sono concetti che aveva già espresso un anno fa nella ricorrenza del 25 aprile, ma purtroppo nei mesi successivi se ne è poi scordato.
Oggi - ha aggiunto Cossutta - li riprende e temo che lo faccia, come sempre, in modo strumentale, probabilmente perché la visione della tragedia della Shoah e delle persecuzioni naziste lo hanno fortemente colpito e anche perché, attento come è ai sondaggi, Berlusconi non può non sapere che la grande maggioranza del popolo italiano difende la causa della guerra di liberazione che ha garantito la democrazia in Italia con la Repubblica e la Costituzione".
Ora, ha concluso il vicepresidente dell'Anpi, "il presidente del Consiglio tenga ben presente che l'anniversario della Liberazione, il prossimo 25 aprile, deve essere celebrato solennemente in tutti i comuni italiani, nelle caserme e nelle scuole e questo è un compito del Governo".

lunedì 1 febbraio 2010

Presidio Antifascista in via Tasso a Roma dopo le provocazioni neofasciste



Davanti al Museo della Resistenza di Via Tasso sit-in indetto dall'ANPI di Roma per protesta per scritte antisemite e nazziste sui muri. Intervista a Ernesto Nassi segretario ANPI Roma sulla situazione degli sgomberi dei campi Rom.